È alto come l’Empire State Building, ma affonda nell’acqua. Può ospitare migliaia di persone ed è stato concepito per essere autosufficiente dal punto di vista energetico. Una risposta al cambiamento climatico e all’aumento della popolazione, spiega il suo ideatore. Ma non c’è da augurarsi che l’uomo arrivi a colonizzare gli oceani
SPECIALE ORO BLU – Perché vivere stipati in città sempre più affollate, inquinate e trafficate, quando si potrebbe vivere immersi (letteralmente) nella natura? Ma soprattutto, perché non considerare colonie più accessibili e vicine della Luna per quando (in un futuro forse non così remoto) i cambiamenti climatici avranno reso inospitali porzioni sempre più estese della terraferma e un numero crescente di abitanti si contenderà il poco spazio in cui vivere? È quello che deve aver pensato l’architetto malesiano Sarly Adre bin Sarkum quando ha progettato il suo futuristico grattacielo galleggiante, presentato al concorso annuale di design indetto dal Magazine eVolo.
È alto come l’Empire State Building ma svetta solo per metà della sua altezza, con la restante parte che affonda nell’acqua ancorata a zavorre che mantengono ferma la costruzione. Lunghi tentacoli bioluminescenti si diramano dalla base, generando elettricità con il movimento delle onde e dando a questa “zattera” d’avanguardia l’aspetto di un polpo gigante. Il grattacielo potrebbe ospitare migliaia di persone, tra uffici, abitazioni e aree ricreative nei piani sottomarini dove si godrebbe di un’ottima illuminazione naturale. È stato concepito per essere completamente autosufficiente ed ecologicamente sostenibile. L’energia sarebbe generata da un mix di fonti rinnovabili come sole, vento, onde, biomasse, mentre spazi verdi dedicati alla coltivazione di piante, allevamenti e pesca potrebbero fornire il cibo necessario al sostentamento degli inquilini di questa sorta di “Water World”.
Per il momento, ovviamente, il progetto esiste solo sulla carta e non c’è ancora un costruttore intenzionato a sviluppare il grattacielo sommerso. Ma chissà che un domani, anche quel 70% di pianeta ricoperto dagli oceani e ancora risparmiato dalla presenza umana non si trasformi in “terreno” edificabile dando il via all’urbanizzazione selvaggia dei mari. Non c’è da augurarselo.