L’analisi della stampa in materia di salute e medicina dimostra che troppo spesso l’informazione viene fatta in maniera superficiale, se non addirittura scorretta
NOTIZIE – C’è l’articolo in cui si riporta solo l’efficacia di un nuovo trattamento nei confronti dell’effetto placebo, ma non si dice che nello studio originale il farmaco era comparato anche a un altro medicinale già in vendita (e il confronto in sostanza non ha evidenziato effetti migliori del nuovo farmaco). C’è l’altro pezzo in cui si declamano i benefici sulla salute dei trattamenti chirurgici anti-obesità, ma non si riportano i rischi (chiaramente evidenziati nello studio originale) della chirurgia. E così via. Un bel monito anche per chi scrive, questa ricerca pubblicata di recente sulla rivista PLoS One da un team di ricercatori italiani mette in evidenza le lacune della stampa italiana in fatto di divulgazione della ricerca medica.
Per quel che riguarda la comunicazione pubblica della scienza, la medicina è forse fra i campi più sensibili a distorsioni, soprattutto per l’enorme interesse “personale” del pubblico, e i conseguenti interessi economici delle case farmaceutiche. Più che in altri campi (che però non ne sono immuni) in medicina nascono forti conflitti di interesse, con tentativi più o meno scoperti di dirottare l’attenzione e la fiducia del pubblico verso un farmaco o una terapia. Ogni giorno i giornali italiani sono colmi di notizie sui nuove cure, farmaci rivoluzionari, terapie innovative, che però troppo spesso non corrispondo a veri avanzamenti della scienza medica. Il giornalista, che spesso dovrebbe essere il “ponte” fra le riviste specialistiche e il grande pubblico, si trova spesso a fare dell’informazione non corretta, a volte spinto da un palese conflitto di interesse, altre semplicemente dalla necessità di fare “notizia” (e altre ancora semplicemente da una certa superficialità). Questa informazione “imprecisa” è fenomeno diffuso in tanti paesi, ma gli studi sul nostro sono ancora pochi e questo lavoro di Luca Iaboli, dell’ospedale di Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, Luana Caselli, dell’Università di Ferrara e colleghi conferma che il trend italiano non si discosta da quello europeo.
Iaboli e colleghi hanno analizzato 146 articoli giornalistici apparsi nell’arco di una settimana sulla stampa italiana (quotidiani e periodici). Gli articoli sono stati valutati in maniera indipendente da tre medici su una serie di parametri “divulgativi”: benefici, costi, rischi, fonti, trasparenza sui conflitti di interesse ed equilibrio (misurato come presenza di asserzioni esagerate o non corrette).
Costi e rischi non evidenziati chiaramente, conflitti di interessi non dichiarati e affermazioni esagerate: la stampa italiana in materia medica si comporta tanto male quanto quella di molte altre nazioni, spiegano i ricercatori. In più Iaboli e colleghi hanno anche trovato che il rischio che l’informazione su un nuovo trattamento sia sbilanciata è nove volte maggiore che l’informazione su qualsiasi altra notizia scientifica in area medica.
Iaboli e colleghi concludono così: “questi risultati sollevano ancora una volta la questione fondamentale se la comunicazione popolare sia più nociva che dannosa alla salute pubblica.”
Pur condividendo i risultati e le critiche alla stampa mosse dagli autori, mi sento comunque di sottolineare che la comunicazione pubblica dei risultati della ricerca scientifica (e ancora di più il dialogo reciproco e la partecipazione di tutti i diversi pubblici su questi temi) resta fondamentale. Perché se da un lato è legittima l’indignazione degli scienziati che vedono eccessivamente semplificati o addirittura travisati i loro risultati, il rischio opposto è quello di chiudersi in una torre d’avorio, dannosa tanto per il pubblico (che non può essere tenuto fuori da queste tematiche) che per la scienza stessa.