Nella montagna fatta a groviera sotto i laboratori nazionali del Gran Sasso (foto dell’ingresso per visitatori) l’università Rice di Houston, Texas, ha costruito Xenon 100, un rilevatore di Wimp.
In inglese wimp connota uno delicatino, una mammola insomma. In astrofisica è l’acronimo di Weak interactive massive particles, particelle molto brave nell’evitare scontri con la materia visibile e quindi difficili da rintracciare, e che formerebbero la materia oscura. Questa dovrebbe far quadrare la gravità che tiene insieme le galassie, visto che non basta a farlo la gravità della poca roba visibile presente nell’universo, appena un 15-2o% della materia totale. Fine del condizionale teorico.
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Dopo aver analizzato i dati dei primi 11 giorni di funzionamento, su un totale di cinque mesi, Elena Aprile della Columbia Università che coordina l’équipe di Xenon 100, e i suoi colleghi hanno già ottenuto due risultati. Usciranno sulle Physical Review Letters, ma sono stati anticipati su Arxiv org.
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Il primo è che Xenon 100 è davvero molto più sensibile dei concorrenti: niente tracce spurie, gli eventi di sottofondo non lo ingannano. Il secondo infittisce il mistero. Se Dama/Libra, il rilevatore dell’università Tor Vergata anch’esso sotto il Gran Sasso, e quello Cogent/CMDSII sistemati dagli americani in fondo a una miniera del Minnesota, avessero davvero catturato delle Wimp -come annunciato dal primo gruppo dal 1997 in poi e dal secondo nel febbraio scorso – Xenon 100 avrebbe dovuto acchiapparne almeno una decina. Invece neanche una. C’è qualcosa che non va nella teoria, o non è stagione.