Con la realtà virtuale gli scienziati catalani hanno “trasferito” la mente di alcuni uomini nel corpo (simulato) di una donna
NOTIZIE – Chi di voi, fra il pubblico maschile, vorrebbe provare a essere donna, anche se solo per 7 minuti? Nei laboratori dell’Istituto catalano di ricerca e studi avanzati di Barcellona grazie alla tecnica della realtà virtuale, gli scienziati ci hanno provato e hanno anche misurato quali parametri (punto di vista, sincronia visuo-tattile e sincronia con la propria immagine riflessa) sono cruciali nella rappresentazione nell’esperienza corporea.
Normalmente quando per esempio vediamo che qualcosa tocca la nostra pelle, proviamo una sensazione tattile nello stesso preciso momento. Grazie a questa sincronia il nostro cervello costruisce una rappresentazione del corpo e delle sue esperienze. Quando però (per esempio attraverso manipolazioni sperimentali) la sensazione tattile e quella visiva sono asincrone hanno luogo strane illusioni percettive. Si verificano per esempio fenomeni sensoriali come quello dell’arto fantasma (nelle persone che hanno subito amputazioni). In laboratorio, si può addirittura ottenere una tale immedesimazione con quanto accade a un’altra persona (o a un manichino) da sentire sul proprio corpo quello che accade all’altro. Mel Slater e colleghi hanno spinto questo tipo di illusioni all’estremo, trasferendo letteralmente (o meglio virtualmente) la mente di un maschio nel corpo simulato al computer di una donna.
Ventiquattro volontari maschi intorno ai trent’anni hanno indossato degli occhiali specifici che permettevano loro di vedere, come se vi fossero immersi dentro, una stanza tridimensionale simulata al computer e dei personaggi femminili. I soggetti potevano assumere il punto di vista di uno dei personaggi femminili (cioè vedere il mondo attraverso i suoi occhi, potendo osservare anche il proprio corpo virtuale) o assistere alle scene in terza persona. Nella stanza succedevano varie cose. Uno dei personaggi femminili poteva toccare la spalla dell’altro (che era quello in cui si immedesimava il soggetto) o addirittura dargli una sberla. La protagonista virtuale poi poteva guardarsi in uno specchio. In alcune condizioni i soggetti venivano anche toccati nelle parti del corpo in cui si vedevano toccati nella simulazione. Le reazioni dei soggetti venivano monitorate sia attraverso un questionario successivo che attraverso la registrazione del battito cardiaco.
Slater e colleghi nella condizione con il punto di vista in prima persona hanno osservato una fortissima immedesimazione, tanto più forte quanto più sincrone erano la stimolazione visiva e quella tattile. In realtà nelle condizioni emotivamente più forti il punto di vista dominava su tutto il resto: quando infatti i soggetti si vedevano appioppare una bella sberla sul viso (anche senza stimolazione tattile corrispondente) gemevano e annaspavano come se l’avessero ricevuta realmente, e anche il tracciato del battito cardiaco testimoniava una reazione emotiva violenta. L’immedesimazione naturalmente durava unicamente per il periodo dell’esperimento e cessava immediatamente al suo termine.
Secondo Slater e colleghi che hanno pubblicato questi risultati sulla rivista PLoS ONE, la mente ha un’immagine molto fluida del nostro corpo. In base a quanto osservato gli scienziati sperano di chiarire in che modo il cervello distingue fra le parti corporee e gli oggetti del mondo esterno. Lo studio inoltre potrebbe avere risvolti interessanti per la riabilitazione di persone che abbiano subito danni cerebrali o di altro genere (grazie all’applicazione della realtà virtuale)