Pene e sanzioni misere per quello che è stato definito l’Hiroshima dell’industria chimica
POLITICA – 26 anni per una sentenza che ha del ridicolo: pochi giorni fa lo stato indiano ha condannato otto ex dirigenti (tutti indiani) della Union Carbide a 2 anni di carcere e a un’ammenda di poco meno di 2.000 euro. Altri 8.000 euro circa di multa euro sono stati richiesti all’azienda americana. “Se questa non è un’enorme presa in giro, non so proprio come possa essere definita,” ha commentato amaramente Satinath Saragi del Bhopal group for information and action, un’associazione di cittadini che rivendica la causa delle centinaia di migliaia di persone uccise o rese invalide da uno dei più gravi disastri ecologici e umanitari mai provocati dall’azione sconsiderata dell’uomo.
Nella notte fra il 2 e il 3 dicembre 1984, 4.000 (altre fonti stimano addirittura 8.000) abitanti (soprattutto degli slum) della città di Bhopal, la capitale del distretto indiano di Madhya Pradesh, sono morti dopo l’esposizione alla nuvola di sostanze chimiche riversata dai serbatoi dello stabilimento (dismesso da anni e la cui manutenzione era stata praticamente annullata da tempo) di pesticidi della Union Carbide, un’azienda chimica statunitense. Altre decine di migliaia di persone sono morte successivamente e oggi si contano almeno 100.000 di invalidi (soprattutto ciechi, ma le malattie provocate dalla nuvola non si contano) a seguito dell’incidente.
La sentenza non può che sollevare indignazione. In primo luogo per le pene assolutamente ridicole, arrivate dopo decine di anni. Poi per il fatto di aver declassato il crimine da “omicidio colposo” a “morte per negligenza”. La cosa forse più grave, insieme ai risarcimenti irrisori ai feriti (800 euro a testa) e alle famiglie dei morti (2000 euro ciascuna), è che i responsabili americani dell’azienda non sono stati processati. Gli Stati Uniti non hanno mai concesso l’estradizione di Warren Anderson (che da alcuni è stato definito il massimo criminale industriale della storia) allora a capo della UC, e degli altri dirigenti (c’è da dire che anche lo stato indiano è stato molto negligente nel richiederla). A ora Anderson è considerato latitante dallo stato indiano.
Il disastro di Bhopal non si limita alle decine di migliaia di morti (alcune stime dicono 30.000) e il centinaio di migliaia di invalidi di allora, ma continua a mietere vittime. Si stima che ancora 380 tonnellate di sostanze chimiche tossiche siano conservate (si fa per dire) nei serbatoi della UC (qualche anno fa acquisita dalla Dow Chemical). Le cisterne, secondo gli esperti che hanno analizzato la zona, rilasciano sostanze nel terreno contaminando anche le falde acquifere e l’aria, con conseguenze gravissime sulla popolazione locale, che stenta ancora, più di vent’anni dopo il disastro, a riprendersi.
Lo stato del Madhya Pradesh ha subito fatto ricorso contro la sentenza che di fatto non scoraggia le multinazionali straniere a sfruttare in maniera indiscriminata il territorio e la popolazione indiana.