Una ricerca dell’INFN svela l’origine dei testi biblici più antichi mai conosciuti. Sarebbero stati realizzati nella zona di Qumran, proprio dove sono stati trovati.
CRONACA – Dopo anni di studi dedicati alle misteriose pergamene manoscritte del Mar Morto, gli archeologi hanno chiesto soccorso ai fisici. E loro, i fisici dei Laboratori Nazionali del del Sud (Lns) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) a Catania, si sono messi a lavoro. Così, sfruttando una tecnologia d’avanguardia non distruttiva, brevettata proprio nel centro siciliano, combinata con le analisi dell’acceleratore di particelle, sono riusciti a mettere in ordine le prime tessere del puzzle.
I Rotoli del Mar Morto, così sono chiamati questi documenti, datati da uno a due secoli avanti Cristo fino a qualche decennio dopo, sarebbero stati realizzati proprio nel luogo in cui sono stati trovati: vicino alle rovine dell’antico insediamento di Khirbet Qumran, sulla riva nord-occidentale del Mar Morto. “I residui di bromo che abbiamo trovato nei campioni analizzati sono compatibili con la composizione delle acque di quella zona, che contengono una quantità di bromo tre volte superiore a quella di qualunque altro mare”, ha spiegato Giuseppe Pappalardo, il fisico che ha condotto la ricerca.
Su richiesta dell’Istituto tedesco per la ricerca sui materiali (Bam) di Berlino, i ricercatori catanesi – gli unici al mondo a disporre di tutta la sofisticata strumentazione necessaria – hanno analizzato sette piccoli campioni di un centimetro quadrato circa di questi rotoli (l’intera collezione comprende 900 documenti, che rappresentano i più antichi testi biclici mai conosciuti). Il punto di partenza è stata la considerazione che la preparazione delle pergamene, il supporto su cui si scriveva al tempo, richiedeva una grande quantità di acqua. Gli scienziati hanno quindi “radiografato” i reperti per cercare le tracce della particolare composizione chimica delle acque del Mar Morto e verificare l’ipotesi che vi fossero state impregnate. Le analisi sono state effettuate con un sistema chiamato Xpixe (X-ray and Particle Induced X-ray Emission), una sorgente radioattiva che emette sia particelle alfa che raggi X; quando queste radiazioni colpiscono il campione, si ha l’emissione di raggi X caratteristici degli elementi chimici presenti in esso.
Quindi è entrato in gioco l’acceleratore di particelle Tandem dei Laboratori di Catania. Qui alcuni frammenti sono stati ”bombardati” con fasci di protoni all’energia di 1,3 milioni di elettronvolt per analizzare i valori del rapporto cloro-bromo. Si è visto così che i valori di questo rapporto nelle pergamene sono compatibili con la loro provenienza dalla zona in cui sono state trovate. Rispetto alla tecnica Xpixe, l’acceleratore permette di individuare il rapporto tra gli elementi presenti e quindi, per esempio, permette di capire se l’acqua con cui è stata lavata la pergamena è compatibile o meno con l’acqua locale.
Tutto conferma che la pergamena dei rotoli sia stata realizzata proprio sulle rive del Mar Morto. Non è detto però che siano state anche vergate lì. La prossima puntata dell’inchiesta sarà l’analisi dell’inchiostro con cui sono stati realizzati i testi.