CRONACA – Lento come una lumaca, furbo come una volpe, sano come un pesce: da sempre sfruttiamo il mondo animale quando vogliamo affibbiare al nostro prossimo tare o virtù in modo stereotipato. Da oggi però, forse, cervello di gallina non dovrà più essere considerato un’offesa.
Uno studio pubblicato su Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences) condotto proprio sui polli, Gallus gallus, ha dimostrato che i cervelli dei mammiferi e quelli degli uccelli sono molto più simili di quanto si pensava.
Nella nostra classe il cervello ha una struttura caratteristica, detta neocorteccia. È una struttura stratificata che avvolge gli emisferi cerebrali e, unicità anatomica a parte, è la regione dove gli stimoli sensoriali sono elaborati e dove, specialmente in alcune specie, risiedono le basi fisiologiche del pensiero e del linguaggio.
La neocorteccia, con la sua architettura a sei strati, è stata finora, forse con una punta di sciovinismo, una netta linea di demarcazione tra i mammiferi e il resto dei vertebrati, ma la ricerca, condotta all’University of California, San Diego (UCSD’s School of Medicine) ha rivelato che esiste una struttura del tutto simile anche negli uccelli.
I ricercatori hanno mappato un’area di cervello di pollo funzionalmente analoga alla corteccia uditiva dei mammiferi, scoprendone l’omologia nell’architettura: anche negli uccelli la corteccia può presentare una organizzazione a strati, tra loro interconnessi da neuroni organizzati in colonne corticali.
L’antenato comune di uccelli e mammiferi risale a 300 milioni di anni fa, ed è quindi plausibile che questo complesso circuito cerebrale fosse presente nella sua forma embrionale ancora prima della comparsa dei dinosauri, in un animale che ora potremmo classificare come “rettile”.
Origini filogenetiche a parte, come spiega Harvey J. Karten, professore della UC San Diego autore della ricerca, all’atto pratico gli uccelli, per via di questa omologia con i mammiferi, sono ottimi candidati come modello animale negli studi di neuroscienze.
Animali come gli uccelli erano visti come simpatici automi capaci solo di comportamenti stereotipati.
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Gli studi indicano che i circuiti computazionali alla base del comportamento complesso, sono condivisi da molti vertebrati.
La definizione stessa di “intelligenza” è da sempre un terreno molto scivoloso e inquinata da una buona dose di antropocentrismo.
Gli studi dimostrano infatti che anche fuori dall’ordine dei Primati possiamo trovare comportamenti talmente complessi da avvicinarsi alla cosa che più di altre distingue la nostra specie, cioè il linguaggio.
Ci si potrebbe addirittura chiedere cosa avrebbe potuto dire il famoso pappagallo Alex (morto nel 2007) di questa nuova ricerca.