RICERCA – Dalla NASA la prima mappa che mostra, su scala mondiale, quanto sono alte le foreste: ci aiuterà a capire quanto carbonio stoccano davvero.
Quanto carbonio è stoccato nelle foreste di tutto il mondo? Una domanda che ha un peso specifico non trascurabile quando si pensa alle emissioni di gas serra e al loro effetto alterante sul clima. La risposta, però, non è semplice, perché non esiste uno strumento che dica esattamente quante delle terre emerse sono ricoperte da boschi e foreste. Almeno finora, perché grazie all’Agenzia Spaziale Americana (NASA), oggi gli scienziati hanno a disposizione una mappa che va oltre a quelle disponibili su scala regionale o locale. Il lavoro si basa sui dati raccolti dai satelliti ICESat, Terra e Aqua, e promette di aiutare a stimare quanto carbonio è immagazzinato in questi polmoni verdi e con che velocità viaggi all’interno di questi ecosistemi prima di ritornare in atmosfera .
Sulla mappa i continenti sono suddivisi in settori di cinque chilometri quadrati, ognuno dei quali è colorato da una diversa gradazione di verde, che indica che almeno il 90% degli alberi presenti in quell’area è alto quanto suggerito dall’intensità del colore. Per esempio, se prendiamo in considerazione una piccola regione di una foresta temperata di conifere, il colore è probabilmente un bel verde bottiglia, dato che questo tipo di foreste è composto prevalentemente da piante che superano facilmente i quaranta metri di altezza. Al contrario, invece, le foreste boreali hanno volte verdi che difficilmente superano i venti metri, perciò quei settori saranno colorati di un verde meno scuro.
Per realizzare la mappa a partire dai dati satellitari, Michael Lefskydella Colorado State University (USA) ha impiegato diversi anni. La tecnologia impiegata è quella LIDAR (LIght Detection And Ranging), capace di catturare “fette” verticali degli oggetti che si trovano sulla superficie terrestre. Per misurare le altezze delle volte delle foreste, LIDAR invia un segnale laser sulla superficie terrestre e sulla cima delle chiome: dalla differenza dei tempi di ritorni si può desumere l’altezza dell’oggetto desiderato. Le misurazioni utilizzate da Lefsky corrispondono a oltre 250 milioni di impulsi laser raccolte negli ultimi sette anni e, sebbene possano sembrare una massa enorme di dati, in realtà hanno permesso di misurare direttamente le altezze delle foreste soltanto per il 2,4% della loro superficie totale. Il resto dei dati proviene dall’elaborazione delle misure raccolte da un’altra strumentazione, il MODIS (Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer), presente a bordo di Terra e Aqua.
Sebbene secondo lo stesso Lefsky “si tratti solo di una prima bozza, che sarà sicuramente migliorata in futuro”, grazie alla nuova generazione di strumenti LIDAR, la sua mappa ha già stuzzicato l’interesse dei ricercatori che si occupano delle foreste. Da questi dati, infatti, è probabilmente possibile trarre preziose indicazioni per capire se è nelle foreste che si devono andare a cercare i due miliardi di tonnellate di carbonio annue che non si sa bene che fine facciano. L’attività antropica, infatti, è la causa del rilascio di 7 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno. Di queste, 3 rimangono in atmosfera e 2 vengono assorbite dagli oceani. Dove vanno a finire le due che rimangono? Dagli elementi a disposizione finora, alcuni ricercatori pensano che le foreste più giovani possano assorbire più carbonio delle altre, soprattutto in presenza di alcuni tipi di suolo o di ambienti più umidi. Forse è in questo meccanismo, che la mappa messa a punto da Lefsky e la NASA può aiutare a chiarire, che si nasconde almeno una parte delle due tonnellate che mancano all’appello. Ma è presto per dirlo, perché gli ecologisti, come sottolinea Richard Houghton, vicedirettore del Woods Hole Research Center, “avevano davvero bisogno di una mappa dettagliata della biomassa presente sopra il suolo” per cominciare a capire se le foreste possono continuare ad assorbire carbonio o se si è già vicini alla loro capacità massima.
[Immagine di: NASA Earth Observatory/Image by Jesse Allen and Robert Simmon/Based on data from Michael Lefsky]