I meccanismi base di funzionamento della biologia bastano a spiegare le forme complesse della natura, e gli scienziati stano scoprendo come
NOTIZIE – Elegante, semplice, verrebbe da dire geniale, ma qui l’intelligenza non c’entra (se non quella degli scienziati che hanno condotto la ricerca). A volte sono sinceramente stupita che molti si sentano a disagio nel pensare che la complessità della natura (e ciò che noi esseri umani percepiamo come bellezza) sia il prodotto di poche semplici (e cieche) regole di base e preferiscano piuttosto invocare l’opera creatrice di un’intelligenza divina (disegno intelligente). Personalmente trovo confortante il fatto che siamo tutti senza eccezione frutto di forze per così dire “democratiche” (e non è meraviglioso che tanta complessità emerga da tanta banalità?). Il lavoro di Enrico Coen lascia senza fiato: combinando genetica sperimentale e simulazioni al computer lo scienziato sta ricostruendo come solo grazie all’interazione dei geni vengono create le forme complesse della natura.
Grazie alla sua metodologia non solo sarà possibile osservare nel dettaglio come da un set genetico specifico si forma un organismo in tutte le sue parti, ma anche comprendere come quella specifica forma si sia evoluta nel corso del tempo.
Coen, nel lavoro pubblicato su PLoS One, è partito dalla bocca di leone, un fiore piuttosto comune. È noto che la forma complicata dei petali di questo fiore (due petali che si accostano in maniera precisa a formare un tubo con una specie di cerniera) è regolata da quattro geni, ma fino a oggi non si sapeva in che modo.
Coen e colleghi hanno modulato come questi geni vengono attivati e disattivati e monitorato come queste modifiche causano cambiamenti la forma del fiore. Con questi dati gli scienziati hanno ricostruito come i geni controllano la crescita del fiore e hanno riprodotto questa conoscenza in un modello al calcolatore. I geni non solo controllano la velocità in cui le diverse parti del petalo crescono , ma anche la direzione. In pratica è come se esistesse una sorta di bussola chimica (e delle zone nel tessuto che fungono da “polo” attrattore).
Coen e colleghi continueranno il lavoro esaminando nel dettaglio proprio il funzionamento di queste bussole chimiche. La metodologia e i risultati ottenuti sono un tassello importante per comprendere anche come queste forme complesse si sono evolute: bastano infatti piccolissime modifiche nel processo per ottenere forme diverse, a riprova che non servono grandi sconvolgimenti nel DNA per ottenere vistose modifiche nel fenotipo (l’aspetto).