La prossima settimana, il 29 novembre 2010 inizia a Cancun (Messico) la 16esima Conferenza delle Parti ONU (per gli amici COP – dall’inglese Conference of the Parties – 16) sul Cambiamento Climatico. C’è molto interesse a riguardo, dopo i fallimenti della conferenza precedente tenutasi a Copenhagen l’altr’anno.
Ma cosa sono le COP ? C’è chi le considera un grande caos, tanto da invocare Star Wars per definirle. Molto più semplicemente si tratta di incontri tra i delegati dei paesi che hanno ratificato una convenzione (come quella sulla Biodiversità di Rio de Janeiro del 1992), in cui si decidono obiettivi, strategie e piani di azione che implementino la convenzione stessa.
La COP avvenuta più di recente è la decima Conferenza delle Parti sulla Convenzione per la Biodiversità (COP 10), tenutasi in Giappone (Nagoya) ad ottobre 2010. Qui a OS abbiamo parlato poco eppure si tratta – al contrario di Copenaghen – di un esempio di conferenza ‘riuscita’.
Il buon esito del’incontro non dipende tanto dalla decisione di proteggere entro il 2020 il 17% della terraferma e il 10% degli oceani (attualmente meno del 10 per cento della terraferma e meno dell’uno per cento degli oceani sono tutelati), ma dall’adozione del “protocollo di Nagoya sull’accesso alle risorse genetiche e la condivisione regolare ed equa dei benefici derivanti dal loro utilizzo” (protocollo Access and Benefit Sharing, ABS).
Si tratta di un protocollo che per la prima volta crea un sistema giuridico vincolante per regolare l’accesso e la ripartizione dei beni derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche, piante, funghi e agenti patogeni, un tema questo su cui da ben 18 anni – ovvero dalla convenzione del 1992 – i negoziati inevitabilmente fallivano.
Il passo è quindi storico. Attribuendo un valore alle risorge genetiche, il protocollo ABS garantisce agli stati che dispongono di un’alta biodiversità una ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo di tali risorse. A sua volta ciò incoraggia i paesi a preservare questa ricchezza naturale, con ovvie ricadute positive per la conservazione della biodiversità mondiale.
“Il protocollo affronta i problemi che hanno posto paesi del Nord e del Sud del mondo gli uni contro gli altri per decenni; la sua adozione dovrebbe agire come un balsamo sulle ferite” afferma Emile Frison, direttore generale di Bioversity International, la più grande organizzazione al mondo dedicata all’uso e alla conservazione della biodiversità agricola, presente a Nagoya in qualità di ‘advisor’.
A dire il vero, ci insegna Bioversity, un trattato simile all’ABS, ma legato solo all’utilizzo delle risorse genetiche agrarie, esisteva già e si chiama il Trattato Internazionale sulle Risorse Fitogenetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura, elaborato nel 2001 ed entrato in vigore nel 2004.
“A differenza della conservazione della biodiversità naturale, che richiede la diminuzione delle attività dell’uomo e del loro impatto sull’ambiente, il contributo attivo dell’uomo è fondamentale per il mantenimento della biodiversità agraria” spiega Michael Halewood, responsabile dell’unità di Policy and Law di Bioversity. “Coltivando diverse specie e varietà, gli agricoltori contribuiscono a salvaguardare e arricchirne la biodiversità. Ecco perché è così importante garantire l’accesso e lo scambio alle risorse genetiche vegetali e allo stesso tempo riconoscere il ruolo che le comunità locali hanno nella conservazione e nello sviluppo della biodiversità agraria”, aggiunge Halewood
Il Trattato e i meccanismi ad esso sottesi, sono stati riconosciuti dal protocollo ABS, uscito da COP10, e questo riconoscimento, in forse fino all’ultimo momento del negoziato, consente oggi di evitare contrapposizioni e di creare invece un ulteriore supporto per la ancora lunga strada da percorrere in tal campo.
Il protocollo ABS dovrebbe entrare in vigore dopo 90 giorni dalla ratifica da parte di almeno 50 nazioni firmatarie.
Qui si può ascoltare un’intervista a Michael Halewood, responsabile dell’unità di Policy and Law di Bioversity.