Per la prima volta abbiamo l’opportunità di studiare una corsa agli armamenti evolutiva a livello genetico e molecolare in corso d’opera. Merito di due organismi modello che, in laboratorio, si fanno guerra.
CRONACA – La Corsa agli armamenti è una delle tante espressioni figurate, di uso comune in biologia evolutiva, per descrivere come popolazioni che sono fra di loro in qualche modo “antagoniste” esercitano l’una sull’altra una pressione adattativa che fa si che ognuna debba, necessariamente, rispondere alle innovazioni evolutive dell’altra per poter sopravvivere.
Un caso classico è il rapporto tra insetto e pianta nutrice, cioè la pianta (o le piante) su cui l’insetto depone le proprie uova e sulla quale le larve si nutrono. Per conoscere appieno un fenomeno come questo c’era bisogno di un modello da poter manipolare, ed è proprio quello che ha trovato, quasi per caso, Noah Whiteman, UA (Univerisity of Arizona).
Il moscerino della frutta Drosophila melanogaster e la pianta Arabidopsis thaliana sono entrambi ottimi organismi modello (a dx): facili da allevare, di piccole dimensioni, prolifici e, soprattutto con un genoma è già completamente sequenziato. Sfortunatamente, D. melanogaster non ha alcun interesse per Arabidopsis e preferisce continuare a fare onore al suo nome comune cibandosi di frutta in decomposizione.
Durante il suo postdoc ad Harvard, Whiteman trovò a Fresh Pond, un lago di origine glaciale di Cambridge, delle piante di Barbarea vulgaris, una brassicacea imparentata con quelle da cui si ricavano i semi per la mostarda. In letteratura aveva infatti trovato che alcune mosche le usavano come cibo. Ne portò in laboratorio alcuni esemplari con le foglie smangiucchiate e dopo poco dalle larve sfarfallarono moscerini del tutto simili a Drosophila.
Le identificai e scopri che appartenevano al genere Scaptomyza, una classificazione ormai sorpassata perché ora sappiamo che appartengono al genere Drosophila. “Fantastico” pensai. Le misi allora in un contenitore con Arabidopsis. Iniziarono ad attaccare le piante; non solo le larve, ma anche le femmine adulte. Facevano dei fori nelle piante con i loro ovopositori e bevevano il liquido che ne fuoriusciva.
L’unico problema della specie scovata da Whiteman, S. flava, è che le loro uova non si possono congelare, così il ricercatore racconta come, spostandosi in Arizona, abbia viaggiato con le mosche nel bagagliaio e se le portasse in camera negli hotel.
Col suo team ha poi dimostrato che S. flava vs Arabidopsis (a sx, foto di Noah Whiteman) è un ottimo modello per lo studio della corsa agli armamenti. Arabidopsis risponde agli attacchi con la sintesi di determinate proteine (quindi con l’attivazione di determinati pathways metabolici geneticamente determinati) che ostacolano la digestione del moscerino. A sua volta, Scaptomyza risponde con l’attivazione di geni che cercano di far fronte alle molecole di difesa della pianta. Questo è stato dimostrato usando delle piante ingegnerizzate in modo da silenziare i meccanismi di difesa: in presenza di queste, il moscerino mantiene i propri geni disattivati.
Sappiamo riconoscere l’azione dei geni di Scaptomyza proprio perché sono praticamente identici, come posizione e funzione nel genoma, a quelli di Drosophila melanogaster che, come anticipato, è fra gli organismi già mappati, assieme ad Arabidopsis.
Naturalmente gli autori, che hanno pubblicato questi risultati su Molecular Ecology, sottolineano che siamo solo all’inizio, ma è chiaro che questo nuovo modello di studio, facilmente manipolabile ai livelli più essenziali, apre nuove prospettive nello studio dei meccanismi coevolutivi.