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Shark attack

PARCO DELLE BUFALE – Ogni (rara) volta che uno squalo attacca un uomo, le parole più frequenti sui media nazionali italiani sono: panico, terrore, rosso sangue, macchina assassina. L’errore più comune poi è quello di sparare a caso nome della specie e fotografia dell’animale. Nessuno dice nulla, ma se un giorno a decidere una finale di Coppa dei Campioni fosse un gol di Cristiano Ronaldo e l’indomani la Gazzetta dello sport titolasse “Kakà sempre più forte” magari con una foto di Ibrahimovic…apriti cielo! Nella comunicazione scientifica tutto sembra essere permesso.

Quello che è accaduto in questi giorni a Sharm el Sheik, nota località balneare sulle rive del Mar Rosso, dove uno squalo ha attaccato in prossimità della riva 4 bagnanti russi, ripropone un campionario di strafalcioni, inesattezze e lacune tipico della nostra stampa. Perchè a volte contattare un esperto costa tempo e fatica.

Il Secolo XIX scrive “Un grosso squalo bianco sta seminando il terrore nelle acque di Sharm el-Sheikh: quattro turisti russi, in due diversi attacchi da parte dello stesso grosso esemplare, sono stati gravemente mutilati mentre facevano il bagno nelle calde acque della notissima località turistica egiziana” ma gli squali bianchi, per chi non lo sa,  non amano queste acque troppo calde. Repubblica.it pubblica on line le foto di uno squalo catturato l’altra notte nello spazio d’acqua davanti a Sharm, peccato che sia un giovane Mako e probabilmente quando verrà effettuata l’autopsia per esaminarne il contenuto stomacale troveranno resti di pesci digeriti e forse una targa della Louisiana, come nel celebre capolavoro di Spielberg “Lo squalo”.  La Stampa scrive “dilaga il panico a Sharm el-Sheikh: uno squalo bianco di circa due metri e mezzo ha attaccato quattro turisti russi seminando il terrore nel paradiso delle vacanze” mostrando la foto di uno squalo toro! Che sia stato uno squalo bianco ormai non ci sono più dubbi e la notizia viene ripresa da Tg.com di Mediaset.

Il responsabile ve lo mostriamo noi. Perché un team di esperti ha seguito l’animale in questi giorni, fino alla sua cattura.

È un carcarino longimano, noto anche come pinna bianca oceanico uno squalo che frequenta solitamente acque profonde ed è abbastanza comune in Mar Rosso mentre è assente in Mediterraneo. È uno squalo veloce, con grande pinne pettorali colorate da una macchia bianca e nel suo nuoto è spesso accompagnato da un folto banco di pesci pilota. In passato si è reso protagonista di attacchi all’uomo, soprattutto in caso di incidenti in mare con superstiti. È rimasto nella storia l’affondamento del Nova Scotia da parte di un sottomarino tedesco: di 1000 persone di equipaggio se ne salvarono solo 192. La maggior parte delle vittime fu attribuita al carcarino longimano.

Secondo fonti ufficiali lo squalo avrebbe dovuto essere catturato per poi essere liberato in un’area non specificata del canale di Suez in modo da non essere più pericoloso per i bagnanti. Ma questa, a mio parere, era una soluzione davvero improbabile. La storia insegna che quando uno squalo è ritenuto pericoloso (anche per l’economia del turismo) viene cacciato e ucciso. Secondo Tg.com, che riprende una dichiarazione dell’ultima ora del ministro egiziano del Turismo,  lo squalo “killer” (ma non ha ucciso nessuno!) sarà esaminato e poi imbalsamato per essere esposto nel centro visitatori del parco marino protetto di Raas Mohammed. Sperando che lo mostrino ai visitatori con il suo nome giusto.

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