AMBIENTECRONACA

Shark Attack 2

CRONACA NERA – È di ieri, domenica 5 dicembre, la notizia che uno squalo ha ucciso una donna tedesca nelle acque di Sharm el Sheikh. A poche ore dalla riapertura delle spiagge imposta dal governo egiziano e durata fino a sabato 3 dicembre. Dopo le tre persone ferite la scorsa settimana (non quattro come inizialmente si temeva) e la caccia allo squalo delle autorità, culminata nella cattura di due squali (un mako e un carcarino longimano), il problema si ripropone e questa volta con conseguenze davvero tragiche.

Secondo Mohammed Salem, direttore del South Sinai Conservation, la donna stava nuotando in prossimità della riva di Naama Bay, sul reef corallino antistante le spiagge della località balneare, quando ha subito l’attacco; l’animale le ha amputato un braccio e i soccorsi sono stati inutili.  Al momento la stampa non fornisce altre informazioni, ma non sarebbero disponibili immagini utili per identificare l’animale. La stampa italiana, erroneamente, continua a parlare di squali bianchi o di pinna bianca del reef. Il primo praticamente assente da queste acque l’altro non ritenuto letale per l’uomo considerate le dimensioni.

Cosa è successo in questi giorni frenetici? Il 30 novembre due subacquei sono stati attaccati nelle acque di Naama Bay, entrambi hanno riporto gravi ferite, ma sono fuori pericolo. A testimonianza del secondo attacco ci sono delle fotografie scattate qualche minuto prima: i biologi non hanno dubbi. Si tratta di un carcarino longimano di notevoli dimensioni, che ha iniziato a girare intorno al subacqueo per poi attaccarlo. L’1 dicembre il terzo attacco, a qualche chilometro di distanza dal primo. Lo stesso giorno si è temuto (e dato notizia) di un quarto attacco ma il turista coinvolto si era ferito mentre faceva snorkelling sul reef, urtando una formazione corallina.

Gli avvenimenti in rapida successione hanno convinto il Ministro del Turismo egiziano a dichiarare il divieto di balneazione in tutte le spiagge, a eccezione della riserva naturale di Ras Mohamed che prevede il pagamento di un biglietto l’ingresso (!). E a cercare i colpevoli. Certamente un carcarino longimano, “purtroppo” non quello catturato nella giornata di sabato. Le fotografie scattate durante il secondo attacco confrontate con l’animale catturato mostrano chiaramente che si tratta di due animali differenti. Senza inutili allarmismi è plausibile pensare che il responsabile degli attacchi sia ancora vivo e si sia avvicinato alla costa, un fatto davvero inusuale per questa specie che ama gli spazi aperti e i fondali profondi.

In Mar Rosso è in corso da 6 anni un progetto di ricerca e di identificazione sul carcarino longimano (pinna bianca oceanico) e secondo i ricercatori ci sarebbero almeno undici esemplari delle stesse dimensioni e proporzioni dell’animale responsabile del secondo attacco. Questi animali sono stati sempre osservati in aree remote come Brother Islands o Daedalus, lontani quindi da zone frequentate da turisti e mai si sono avvicinati all’uomo. È quindi probabile che gli attacchi di questi giorni siano il risultato del comportamento anomalo di un singolo individuo.

Dovuto a cosa, potrebbe rimanere un mistero, ma è lecito fare delle congetture. Casualità, mancanza di prede a causa dell’overfishing, chi frequenta il Mar Rosso avrà notato  durante le immersioni un impoverimento della fauna ittica, fatto sta che la situazione rischia di mettere in crisi l’economia della zona  nel periodo natalizio e di promuovere  una caccia scellerata che non farà altro che decimare le popolazioni di squali nell’area.

Le statistiche dell’International Shark Attack riportano che nel 2009 ci sono stati 61 attacchi nel mondo, di cui 5 con esito letale.

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