Uno studio linguistico condotto da Marina Nespor dell’Università di Milano Bicocca e Alan Langus della Sissa mostra che la diversità nella struttura delle frasi nelle diverse lingue del mondo non è solo un fatto di grammatica, ma anche di altri sistemi cognitivi
CRONACA – Sul nostro pianeta si parlano in totale seimila lingue. Molto diverse, anche nella struttura della frase. In italiano il soggetto va messo al primo posto, seguito dal verbo e quindi dall’oggetto. È il cosiddetto ordine SVO (soggetto-verbo-oggetto), ma questa disposizione è solo una delle due maggiormente utilizzate; l’altra, tipica del giapponese, del turco, del coreano o del basco, antepone l’oggetto al verbo (SOV). Questi due sistemi, che non sono gli unici possibili, costituiscono la base per l’86% delle lingue parlate nel mondo.
E su questi si sono concentrati la linguista Marina Nespor, dell’Università di Milano Bicocca, e lo studente di dottorato Alan Langus, della Sissa, per scoprire come mai la disposizione delle parole in una frase non è la stessa in tutte le lingue e capire quindi se si tratta solo di una questione squisitamente grammaticale o invece, più in generale, di cervello. Stando ai risultati dell’innovativo studio, pubblicato su Cognitive Psychology, sembra proprio che questi due ordini siano il risultato di una lotta tra differenti sistemi cognitivi. Se, attraverso lo studio delle lingue e delle loro origini, è possibile suggerire una preferenza sintattica per l’ordine SVO, questa non spiegherebbe l’esistenza del SOV in molti altri linguaggi, ma secondo i due autori del paper è possibile dissociare la comunicazione dalla grammatica e ipotizzare che la prominenza dell’ordine SOV stia nei meccanismi cognitivi responsabili della comunicazione prelinguistica: “Disporre l’oggetto prima del verbo – spiega Marina Nespor – è l’ordine preferito per efficacia comunicativa. Mentre l’ordine SVO è preferito per ragioni di elaborazione sintattica. Il linguaggio, come altre capacità cognitive, si sarebbe evoluto da sistemi biologici preesistenti e attraverso le raffinatezze della grammatica avrebbe rafforzato il potere comunicativo. Se in un momento della storia di una lingua prevale l’efficacia comunicativa si afferma l’ordine SOV, se prevale invece l’efficacia dell’elaborazione si ha l’ordine SVO”.
Quattro diversi esperimenti hanno messo alla prova soggetti adulti di madrelingua italiana e turca. In uno degli esperimenti ai soggetti è stato chiesto di esprimere, non a parole ma a gesti, alcune vignette che descrivevano un’azione concreta. In questo caso entrambi i gruppi hanno utilizzato l’ordine soggetto-oggetto-verbo, ossia anche gli italiani, che nel parlato avrebbero detto “Valentina pesca un pesce”, nel comunicare a gesti hanno invece descritto prima gli argomenti (“Valentina” e “un pesce”) e poi illustrato l’azione (“pesca”). Ciò dimostra come l’ordine SOV sia considerato universalmente come quello prediletto dal sistema cognitivo di base della comunicazione e scelto perciò per la sua semplicità e immediatezza nella produzione di gesti, che può essere quindi considerata come un sistema prelinguistico indipendente dalla grammatica della lingua nativa dei partecipanti. “Questi esempi – precisa la Nespor – sono riconducibili all’esperienza comunicativa dei bambini sordi nati da genitori udenti (genitori che non conoscono la lingua dei segni e quindi non hanno esposto i figli a tale linguaggio, ndr): questi bambini comunicano utilizzando i gesti e ordinandoli universalmente in soggetto-oggetto-verbo”.
Spiegata la motivazione della preminenza dell’ordine SVO e SOV, resta ora da indagare come mai in altre lingue, seppur parlate da pochi o addirittura pochissimi, si sono imposte invece altre strutture che vedono il soggetto disporsi anche dopo l’oggetto o l’oggetto allontanarsi dal verbo non costituendo più un unico nucleo. Pare ci siano (anche se non sono stati fatti studi condivisi) alcune comunità che dispongono le parole all’interno delle frasi seguendo l’ordine, apparentemente bizzarro, di oggetto-soggetto-verbo (OSV), ma questo, come dice la linguista, “è un campo completamente inesplorato, dove tutto è ancora da studiare”.