CRONACA

Tubuli per le lesioni spinali

NOTIZIE – Il NewScientist l’ha chiamato “progetto bucatini”, ma dato che nemmeno il comunicato stampa sul sito dell’Università Milano bicocca, dove lavora Angelo Vescovi primo autore della ricerca, si fa riferimento a questo esotico appellativo, mi viene da pensare che il giornale britannico si sia ispirato “simpaticamente” all’italianità della ricerca. Di fatto si tratta di tubetti di materiale biodegradabile, che stanno dando risultati molto interessanti (e incoraggianti) in topi con danni spinali, che sono riusciti grazie a questa tecnologia  a recuperare in parte la paralisi agli arti inferiori.

Neanche a dirlo questo risultato potrebbe essere fondamentale nel campo della ricerca del trattamento delle lesioni spinali anche nell’uomo. Uno dei maggiori ostacoli al recupero dopo il trauma (insieme alla formazione di tessuto cicatrizzato che danneggia la funzionalità del tessuto nervoso) è il crearsi di sacche di liquido in corrispondenza della lesione nei mesi successivi all’incidente.

L’idea di Vescovi e del collega Fabrizio Gelain, è stata di creare dei sottili canali per guidare la crescita di nuovi tessuti nervosi anche attraverso il liquido. Le dimensioni dei tubuli sono ridottissime: si parla di 2/3 mm di lunghezza, per 0,5 mm di diametro, e sono fatti di plastica biodegradabile, di due tipi, policaprolactone e PLGA. I tubuli sono anche stati resi appiccicosi per aderire meglio al substrato e far aderire più efficacemente le fibre che crescono all’interno (grazie a dei peptidi auto-assemblanti).

L’interno dei tubuli è stato riempito di gel pieno di fattori di crescita naturali. I tubuli sono stati impiantati (a mazzetti) nelle cisti che si erano formate attorno alla lesione nei topi. Dopo sei mesi i ricercatori hanno osservato qualcosa di stupefacente. Non solo erano cresciute fibre nervose dentro ai tubuli, ma anche fra di essi, e insieme si osservavano tutti i tipi di cellule di supporto che ci sono normalmente attorno a queste fibre nervose. Come se non bastasse si erano anche formati dei vasi sanguigni che portavano nutrimento a tutte queste cellule. Al posto della cisti, hanno commentato gli autori, abbiamo osservato del tessuto del tutto simile a normale tessuto nervoso spinale.

Gli animali trattai hanno parzialmente recuperato la mobiltà agli arti inferiori (rimasta immutata nei roditori che non avevano subito il trattamento). Il cammino verso un’applicazione è ancora lungo. Soprattutto bisogna capire se questi tubuli permettono alle fibre di crescere anche oltre arrivando a connettere il tessuto sano ai due lati della ferita, creando un ponte. Per ora è infatti sicuro che i tessuti siano cresciuti dentro ai tubuli, ma non è ancora possibile stabilire se siano andati oltre.

La ricerca è pubblicata sulla rivista ACS Nano.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.