AMBIENTE

Sei nata paperina che cosa ci vuoi far

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AMBIENTE – Moby Duck. Avete letto bene, non è un errore di battitura. Si tratta invece del titolo di un libro-inchiesta recentemente pubblicato, che narra l’epopea di decine di migliaia paperelle da bagno e altri simili giocattoli gommosi alle prese con i flutti dell’immenso Oceano Pacifico invece delle ben più quiete sponde di una vasca da bagno casalinga. L’ha scritto l’americano Donovan Hohn, insegnante di letteratura inglese, affascinato da una storia che ha il variopinto sapore della tragedia ambientale ma anche dell’esplorazione avventurosa, della scoperta scientifica e dell’indagine sociologica.

Tutto inizia nel gennaio 1992, quando a causa di una tempesta un cargo carico di animaletti di plastica appena usciti da una fabbrica di Hong Kong perde tre containers, che si rovesciano in mare e liberano il loro contenuto (29mila pezzi!). Da allora, tante papere, tartarughe, castori, rane e altri colorati animali “nuotano” tra le onde, restii ad affondare e resistenti alla degradazione da parte di micro-organismi batterici, come purtroppo avviene per gran parte della plastica.

Queste loro caratteristiche ne fanno un magnifico e immenso esperimento oceanografico, in grado di svelare i percorsi delle correnti marine attorno al globo; la cosa non sfugge all’oceanografo Curtis Ebbesmeyer che quindi decide di monitorane gli spostamenti per anni, ricostruendo attraverso opportune elaborazioni il percorso compiuto da allora ad oggi. Secondo Ebbesmeyer dopo il naufragio due terzi delle paperelle avrebbe puntato verso Sud, facendo la gioia di bambini australiani, indonesiani e sud americani che si son visti recapitare in spiaggia una mare di piccoli giocattoli, onde come babbo natale; un terzo sarebbe invece stato portato verso climi più freddi e sarebbe giunto all’Oceano Atlantico dopo aver attraversato lo Stretto di Bering e l’Alaska (!). Queste ad altre scoperte sono state già raccontate dall’oceanografo in un interessante libro dal titolo ‘Floatsametrics’.

Ma secondo Donovan l’avventura delle papere galleggianti non è solo un pezzo (interessante) di scienza, ma anche una narrazione vera e propria, che ciclicamente appare sui giornali, diventa la trama di libri e stuzzica la fantasia di chi insegue il viaggio delle papere sull’atlante… così egli stesso decide di avventurarsi sulle orme (si fa per dire) delle pennute di plastica per raccontare i luoghi dove i giocattoli son stati recuperati, le persone che li hanno cercati, i motivi per cui l’hanno fatto. Non bastasse Donovan descrive, a chi non lo sapesse o se ne fosse scordato, come gran parte delle circa 200 milioni di tonnellate prodotte ogni anno finiscano per costituire immense distese marine di immondizia, tristemente note come ‘vortici dei rifiuti’.

Scrive Donovan “Non importa che il attualmente il 5% della plastica venga riciclata. Non importa che l’industria della plastica stampi sulle bottigliette quei piccoli triangoli che suggeriscono un metodo di riciclo che non è attualmente disponibile in massa. Non importa che la plastica consumi circa 400 milioni di tonnellate di petrolio ogni anno, petrolio che non durerà a lungo. Non importa che la cosiddetta ‘plastica verde’ sia costruita con sostanze chimiche che richiedono carburante fossile e che producono gas serra. La cosa peggiore della plastica è il modo in cui pretende di cancellare un dato di fatto, cioè che è stata ‘creata’ per essere gettata via, ma strutturalmente pensata per restare, offrendo una falsa promessa di disponibilità, di utilizzo privo di costi, che ha portato alla cultura del consumismo, all’economia della dimenticanza”.

Qui una bella recensione del libro.

ps. Il casuale esperimento è ‘piaciuto’ così tanto che la Nasa un paio di anni fa ne ha creato uno ad hoc per studiare i percorsi dei canali subglaciali.

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