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La punta dell’iceberg

CRONACA – Il 12 febbraio si è inaugurata a Gorizia “L’albero della vita”, una mostra itinerante aperta al pubblico fino al 19 giugno 2011.

Venerdì 11 marzo Edoardo Boncinelli terrà a Gorizia l’incontro pubblico intitolato “Darwin e il genoma: geni della scienza e geni dell’uomo”, OggiScienza ne ha approfittato per scambiare due chiacchiere con lo scienziato.

Professor Boncinelli, nelle scorse settimane Nature e Science hanno festeggiato il decimo anniversario delle pubblicazione del primo draft della sequenza del genoma umano. Quali sono i risultati a cui oggi ci ha portato questo progetto, fortemente voluto dalla comunità scientifica e appoggiato anche a livello governativo?

Ci sono dei risultati più pratici e dei risultati teorici. Quelli più pratici riguardano i tumori, che non sono naturalmente una malattia sola, ma moltissime malattie diverse, che saranno sempre più frequenti a causa dell’allungamento della vita media e quindi saranno uno degli obiettivi principali della ricerca biomedica.  Più sappiamo e più si possono curare, ma soprattutto prevenire. La disponibilità della sequenza completa del genoma ci permette di individuare tutti i possibili geni che sono coinvolti nella produzione di un tumore. Quindi direi che tra i risultati importanti, al numero uno metterei la lotta contro i tumori.  Un analogo discorso si può fare per le malattie multifattoriali, che dipendono da diversi geni, che saranno sempre più importanti in futuro, in particolare le malattie cardiocircolatorie e le malattie neurodegenerative.
Per quanto riguarda la teoria, che secondo me è la più importante, questa ci ha permesso di paragonare tra loro genomi di specie di cui non si sapeva praticamente niente per quanto riguarda la parentela e ci sta portando a indagare i meccanismi che controllano i geni attraverso tutte quelle parti di DNA (definite DNA spazzatura) che non si possono chiamare effettivamente geniche, ma che si rivelano sempre più importanti.

La genomica ha tradito le promesse che aveva fatto?

Assolutamente no. La genomica è una scienza giovane e incredibilmente vasta. Una cosa è cercare un gene, una cosa è cercarne tanti. È come cercare un ago in un pagliaio.
Quindi i risultati non è detto che arrivino subito, ma sono risultati dai quali non potremo mai più prescindere.

Cosa sappiamo oggi della complessità del genoma? E come lo possiamo poi praticamente usare?

Quello che sappiamo è tuttora abbastanza poco. Con i microRNA abbiamo gettato un’occhiata nel mondo del controllo genico del quale prima potevamo fare solo delle ipotesi ma non si sapeva niente di preciso.
Quanto realmente si troverà non lo sa nessuno. Può darsi che questa sia già una parte importante, ma potrebbe essere solamente la punta dell’iceberg. Certamente dobbiamo per esempio ancora spiegare come mai uomo e scimpanzé condividono il 99% della sequenza dei geni che codificano per le proteine, e siano in realtà così diversi.
Dove e come è scritta la nostra diversità è uno degli obiettivi più interessanti, affascinanti della ricerca. Ambizioso, ma anche molto concreto.

Qual è la sua opinione riguardo alle società che propongono test genetici on-line fornendo ai clienti le percentuali di rischio per determinate patologie?

Ho fatto anche io questi test. L’unica cosa che si può dire è che è giusto che chiunque voglia  li possa fare, non c’è niente di male. Questi test hanno però una limitata utilità ed è necessario farsi spiegare i risultati da un esperto, da un consulente genetico.

Però se invece di parlare di oggi parliamo di un futuro vicino, tra 10 o 15 anni, allora sarà molto più serio, perché farsi sequenziare il genoma intero è diverso che andare a vedere 10000-15000 nucleotidi singoli nel genoma, che possono dire qualcosa di giusto ma possono anche non vedere una effettiva patologia. I prezzi delle tecnologie sono già bassissimi, ma se vogliamo la sicurezza aspettiamo quando si farà l’intero genoma e non un salto qui, un salto là.

Riguardo alle malattie multifattoriali, cosa ci dice oggi la genetica?

Purtroppo queste malattie sono molto difficili da studiare. Quando sono arrivati i computer c’è stato un momento di euforia pensando che sarebbe stato facile studiare le malattie multifattoriali oltre che quelle monofattoriali. Però non si stanno ottenendo i risultati sperati, perché evidentemente il rapporto tra geni e vita vissuta è un pochino più complicato di quanto si pensasse. Il problema è che servono super computer, una forte epidemiologia e un grosso capitale umano.

 

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