NOTIZIE – Quando si tratta di restituire un reperto archeologico i britannici sono un po’ come quei bambini che quando la mamma li sgrida – “ridai il giocattolo a tuo fratello” – allungano la mano porgendo riluttanti l’oggetto, ma stentano a mollare la presa (costringendo l’altro a tirare con forza). Questa volta però ce l’han fatta. Il Museo di Storia Naturale (NHM) di Londra in soli 18 mesi di negoziazione ha annunciato ieri che restituirà agli aborigeni delle isole dello stretto di Torres (sparpagliate fra la costa nord dell’Australia e la Nuova Guinea) una raccolta di “teste decorate”, una mummia e altri reperti assortiti (141 “pezzi” in tutto, che attraverso le analisi si ritiene appartengano a 119 individui originari di quelle terre).
I reperti sono arrivati al museo in vari modi. Un missionario, dopo aver convertito gli aborigeni al cristianesimo, ha rimosso le ossa considerate sacre (pensate alla violenza del gesto) dalla grotta di Pulu e molti di questi oggetti sono stati poi venduti la museo nel 1884 da un collezionista. La mummia invece è stata regalata, mentre altri oggetti sono stati venduti dai locali stessi nella metà del 19° secolo agli ufficiali e naturalisti a bordo delle barche della Naval Survey (su una di queste navi lavorava addirittura come chirurgo Thomas Huxley).
Gli scienziati del NHM in questi mesi hanno ripetuto allo sfinimento ai capi delle comunità aborigene l’importanza scientifica di questi reperti e la cura che richiedono e hanno anche offerto di istruire (ospitandola qualche mese al museo), a spese dell’istituzione, una persona del luogo per “lavorare scientificamente” con gli oggetti. Il NHM inoltre si è riservato il diritto di riprendersi i reperti se dovesse apparire alto il rischio che vadano distrutti.
Qualche ricercatore del museo è preoccupato che venga impedito di studiare i reperti in futuro. Le autorità dell’NHM comunque hanno dichiarato che i capi delle comunità aborigene sono sembrati “profondamente toccati” dalla restituzione.