NOTIZIE – A volte mi faccio del male e mi costringo a leggere ricerche di questo tipo di prima mattina, e credetemi, non è un piacere. In ogni caso mi sembrava piuttosto eccezionale come notizia: nel 2008 a Heslington, nel Regno Unito, è stato trovato un cranio (che la datazione fa risalire fra il 637 e il 482 a.C.) che conteneva ancora una larga porzione di cervello in buono stato di conservazione. Una ricerca pubblicata qualche giorno fa sul Journal of Archaeological Science ha studiato i motivi di questa straordinaria preservazione (normalmente i tessuti molli sono i primi a essere degradati dai microorganismi ed è molto difficile trovare resti fossili che li contengano).
Anche se non sono riusciti a stabilire definitivamente i motivi della durata di questi tessuti molli gli scienziati (una lunga lista, in cui come primo nome appare Sonia O’Connor dell’Università di Bradford) hanno comunque scoperto un sacco di cose interessanti.
In primo luogo, l’individuo al quale il cranio apparteneva è stato probabilmente ucciso mediante impiccagione e la sua testa è stata subito dopo decapitata per essere immediatamente seppellita. Questa successione di eventi può essere fra i motivi della conservazione. Per esempio il fatto che la testa sia stata immediatamente staccata dal corpo ha impedito ai microorganismi normalmente presenti nel nostro intestino (che rimangono vivi a lungo dopo la morte) di risalire attraverso il flusso sanguigno e intaccare i tessuti cerebrali. Il successivo seppellimento della testa in un terreno anossico la cui temperatura era prossima allo zero, molto umido e composto in gran parte da argilla (una sostanza dalla microstruttura molto fine) può aver contribuito al processo di ocnservazione.
Il reperto di per sé, pur raro, non è eccezionale. Esistono infatti altri esempi di tessuto cerebrale conservato risalenti a varie epoche. Lo studio sul cervello di Heslington è il primo a comparare i vari reperti per cercare di capire quali siano in generale le condizioni per un’ottimale conservazione del tessuto cerebrale.
Altri studi verranno ora presto pubblicati sull’analisi biomolecolare di questo reperto. Intanto è già stata condotta un’analisi del DNA (oltre alla già citata datazione al radio carbonio, fatta su proteine di collagene estratte dal campione). Secondo quanto osservato l’individuo è molto vicino all’aplogruppo J1d, un ceppo che è stato per la prima volta osservato in individui provenienti dalla Toscana e dal Medio Oriente, mentre non sembra essere comune nel Regno Unito. Gli scienziati però ritengono che nuovi campionamenti potrebbero trovare questo gruppo anche qui. L’analisi ha inoltre stabilito che si trattava di un uomo con un età compresa fra il 26 e i 45 anni.