Simbiosi tra un’alga e una salamadra: Oggiscienza se ne era già occupata ad agosto, quando i ricercatori annunciarono la scoperta, ora arriva la pubblicazione su PNAS
NOTIZIE – Ora è ufficiale. Con la pubblicazione su PNAS un gruppo di ricerca canadese ha presentato alla comunità scientifica il primo caso documentato di simbiosi tra un’alga verde (Oophila amblystomatis) e un vertebrato, cioè la Salamandra maculata (Ambystoma maculatus). Questo tipo di alga condivide da sempre l’habitat degli anfibi, ma finora non si era immaginato che tale convivenza si spingesse a livello cellulare e che ciò determinasse un rapporto di simbiosi paragonabile ai casi, ampiamente documentati, che riguardano vari tipi di invertebrati, ad esempio gli Cnidari (polipi e meduse).
Si tratta per la precisione di endosimbiosi perché l’alga (unicellulare) oltre a invadere l’involucro gelatinoso tipico delle uova di anfibio invade anche le singole cellule embrionali. Questo processo di colonizzazione riguarda infatti in particolar modo le prime fasi dello sviluppo della salamandra: l’alga riesce a penetrare in vari tessuti ancor prima che l’embrione possa sviluppare il suo sistema immunitario. Quest’ultimo, in ogni caso, è particolarmente “debole” nelle salamandre, un aspetto che pare legato alla loro straordinaria capacità di rigenerare interi arti.
Quando l’animale diventa adulto la maggior parte delle alghe è sparita, ma a quel punto le due specie si saranno già reciprocamente avvantaggiate. Infatti sembra che l’alleanza alga-anfibio funzioni grossomodo così: l’alga utilizza i cataboliti della salamandra come fertilizzante e in cambio produce O2, che non è particolarmente abbondante nell’ambiente delle salamandre né penetra facilmente nell’uovo. La “prova” che il meccanismo funziona è che gli embrioni colonizzati crescono più velocemente di quelli privi di alghe ed è logico dedurre che abbiano più possibilità di sopravvivere.
I ricercatori hanno usato sia un approccio molecolare che uno visivo. Per il primo hanno cercato le tracce della presenza dell’alga basandosi sul DNA ribosomiale, per il secondo hanno catturato in video l’invasione. Eccola qui di seguito.
Nello studio i ricercatori esprimono comunque prudenza: le implicazioni ecologico-evolutive di questa associazione non sono il focus della ricerca, che per ora ha solo dimostrato che l’alga è effettivamente presente dentro le cellule dell’animale così come negli ovidotti delle femmine (e questo suggerisce che l’invasione potrebbe avvenire ancor prima della deposizione), ma le implicazioni di tutto questo devono ancora essere appropriatamente indagate.