Un nuovo documentario racconta la costruzione del primo deposito permanente di scorie nucleari in Finlandia, e traccia uno scenario futuro
NOTIZIE – E se la fine del mondo (o almeno un grave disastro in grado di rendere inabitabile una vasta porzione del nostro pianeta per centinaia di migliaia di anni) fosse nelle mani di un archeologo? Immaginiamolo mentre scopre un luogo sigillato – molto sigillato – che mostra i segni di una civiltà antica, molto avanzata tecnologicamente. Dei simboli sono posti all’entrata di quello che sembra un monumento nascosto nelle viscere della terra, celato accuratamente. Prezioso o pericoloso? I simboli incisi all’entrata sono misteriosi. Andranno decifrati, ma intanto, cosa fare? Sicuramente l’archeologo tenterà di usare ogni mezzo tecnologico a disposizione per capire cosa è nascosto lì dentro, ma la natura del luogo è talmente aliena che non sa nemmeno cosa cercare. Cosa farà alla fine? Lo aprirà, o si terrà a distanza, lasciando che venga dimenticato per altre decine di migliaia di anni?
Questa domande se le pongono anche i responsabili della costruzione di Onkalo. Onkalo è, anzi sarà, il primo deposito permanente di scorie nucleari al mondo, e il regista Michael Madsen ne ha fatto l’argomento del suo recente documentario intitolato “Into eternity”, proiettato la scorsa settimana a “Le voci dell’inchiesta”, il festival pordenonese.
Prima che lo vedessi, un amico descrivendomelo l’ha definito “filosofico”. Mi chiedevo come. Personalmente, il lavoro di Madsen mi ha fatto venire in mente le atmosfere di Werner Herzog (per esempio quello di “Encounters at the end of the world”, ma soprattutto di “Wild blue yonder”), e se anche qui non si raggiungono le vette del genio visionario del grande regista tedesco il lavoro di Madsen è certamente degno di attenzione.
Forse non tutti lo sanno, ma nonostante esistano al mondo numerose centrali nucleari e vengano prodotte tonnellate e tonnellate di scorie nucleari (pare al momento che ce ne siano in giro circa 250.000 in tutto il mondo) anche dagli ospedali e dall’industria, non esiste al momento nemmeno un solo deposito permanente. I rifiuti nucleari sono per ora mantenuti in depositi temporanei in superficie, custoditi in maniera transitoria in attesa di essere stoccati in qualche luogo definitivo. Che però ancora non esiste.
Onkalo (letteralmente “luogo nascosto” in finlandese), con il suo vasto sistema di profondi tunnel sotterranei, è situato nella zona di Olkiluoto in Finlandia e si appresta (è ancora in fase di test e costruzione) a diventare il primo deposito permanente di rifiuti nucleari al mondo. Il luogo è stato scelto per la stabilità geologica del substrato roccioso, che secondo gli esperti è assolutamente al sicuro da rischi sismici, e dovrà accogliere per il prossimo secolo (dopodiché verrà sigillato) le scorie provenienti dalle attuali quattro centrali nucleari finlandesi.
Madsen si sofferma poco sulla tecnologia per stoccare le scorie, ancora meno sulla questione dell’energia nucleare (è sicura? È sensata?). Nel documentario soprattutto si chiede cosa lasceremo ai posteri. Il film si apre infatti spiegando che la civiltà umana è vecchia di 50.000 anni, e le piramidi (fra i monumenti più antichi costruiti per mano umana) hanno solo 5.000 anni. Le scorie nucleari però sono tossiche per – almeno – 100.000 anni. Onkalo, negli intenti, è progettato per resistere così a lungo. Ma è davvero credibile, si chiede Madsen? Possiamo davvero assicurare che una struttura pensata e costruita dall’uomo possa durare così a lungo? Possiamo immaginare davvero a cosa potrebbe andare incontro da qui a 100.000 anni? Senza considerare che solo certi tipi di scorie nucleari sono tossiche per 100.000 anni. Altre lo restano per milioni di anni.
Anche se fossimo davvero fortunati, e cioè se gli eventi naturali non riuscissero a intaccare Onkalo per così tanto tempo, come prevedere il fattore umano? Cosa succederebbe se i nostri discendenti trovassero Onkalo fra qualche decina di migliaia di anni? Il fil rouge su cui si svolge “Into eternity” è proprio la voce di un uomo del passato (il nostro presente) che come in un sogno si rivolge agli uomini che nel futuro avranno scoperto Onkalo. Non un dialogo però, perché Madsen ci lascia intuire che sarà successo l’irreparabile, e che la voce dal passato più che avvertire del pericolo, sta chiedendo scusa.
La fiction si intreccia alla realtà, anzi è il modo per raccontarla. Perché è proprio la “comunicazione col futuro” il problema che viene affrontato ogni giorno da chi è responsabile della costruzione di Onkalo (in primis il governo finlandese). Ed è qui che il pratico e il filosofico si sfumano l’uno nell’altro. Esistono due posizioni distinte sulla questione dell’incontro futuro fra i nostri discendenti e Onkalo: come si spiega nel documentario c’è chi crede sia assolutamente necessario porre dei segnali (iscrizioni, simboli) che indichino ai posteri l’enorme pericolo celato all’interno del deposito, ma anche chi al contrario ritiene che fare questo invoglierebbe ancor più in nostro “archeologo del futuro” a scoperchiare il vaso di Pandora nucleare e che meglio sarebbe che venisse dimenticato per sempre.
Non so a voi, ma a me fa venire i brividi. Non mi resta che consigliarvi la visione di questo eccellente lavoro.