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L’Italia? Un Paese fragile

AMBIENTE – Le frane in Italia non sono certo una rarità.  Soltanto nel 2010 si sono verificati 88 eventi franosi che hanno causato 17 vittime, 44 feriti e 4.431 sfollati.  La frana in Val Venosta, che ha fatto deragliare un treno di pendolari, e il crollo di un costone di roccia a Ventotene, che ha travolto una scolaresca in gita, sono solo alcuni dei fatti più recenti che hanno segnato gravemente l’Italia.

Negli ultimi 50 anni più di 6.000 persone sono morte a causa di frane e smottamenti. Tra le regioni più colpite troviamo il Trentino Alto Adige, la Liguria, la Campania, la Lombardia, la Toscana, la Sicilia e la Calabria.

Il nostro territorio è molto “fragile”. A dirlo sono i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra): il 70,5% dei comuni è coinvolto da fenomeni franosi, di questi 2.940 presentano un rischio molto elevato. Lungo la Penisola sono inoltre segnalati 1.806 punti critici nel tracciato ferroviario soprattutto in Calabria, Liguria e Abruzzo e 706 in quello autostradale. Secondo la mappatura realizzata dal progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia) dal 1116 al 2006 ci sono state più di 480.000 frane, contro le oltre 700.000 dell’Unione Europea.

Tra le cause del dissesto idrogeologico non ci sono solo le precipitazioni intense e i terremoti, ma anche fattori antropici come il disboscamento e l’abusivismo edilizio.

In termini economici, tra danni e opere di ripristino, le frane costano all’Italia circa 1 miliardo di euro all’anno.  E se allarghiamo l’orizzonte ai Paesi industrializzati, i danni provocati dal dissesto idrogeologico superano i 6 miliardi di euro.  Secondo gli esperti dell’Ispra, che hanno partecipato al II Forum Mondiale sulle Frane organizzato agli inizi di ottobre a Roma, il dato mondiale è sottostimato in quanto non sono disponibili informazioni relative ai Paesi in via di sviluppo.

Anche se diversi studi hanno dimostrato che porre rimedio ai danni causati dalle frane costa in media 10 volte di più rispetto all’attivazione di misure di prevenzione e di controllo, in Italia non c’è ancora una difesa del suolo e un’attività di gestione del rischio in tempo di pace.

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