Mancano i fondi per un Piano Nazionale per il dissesto Idrogeologico ma si investono quasi 25 miliardi all’anno per le forze armate.
CRONACA – “Il Piano per il dissesto in molte regioni è ancora fermo al palo… con il decreto legge di agosto, tutte le risorse Fas statali, incluse quelle per il dissesto, sono state cancellate” e ancora “al ministero dell’ambiente non è stata assegnata alcuna risorsa” – che a pronunciare queste parole sia stato appena due giorni fa il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo non può che fare una certa impressione mentre la città di Genova è in ginocchio, sono morte delle persone, continua a piovere e da più parti è confermato che ci saranno sempre più eventi estremi e di breve durata.
Alla tv si intrecciano i dibattiti politici e i video amatoriali di youreporter sulla tragedia ligure, si cerca ancora una volta il colpevole e si impotizzano piani speciali di investimento da parte dell’Unione Europea. E allora che fare? Il Piano anti-dissesto come ha confermato lo stesso ministro Prestigiacomo “serve per programmare in maniera unitaria le risorse disponibili realizzando un complesso di interventi organico e coordinato” ed è indispensabile in un paese dove l’82% dei comuni italiani ha al suo interno delle aree esposte al pericolo di frane e alluvioni (dato che ancora nel gennaio scorso era stato presentato al Forum nazionale dei geologi riunito a Firenze, dal quale era emersa la necessità urgente di un piano nazionale per far fronte al dissesto idrogeologico).
Ma i soldi non ci sono. “Nel corso della discussione sul disegno di legge di Stabilità, ci sono state garanzie per un’assegnazione di 150 milioni” ha dichiarato la Prestigiacomo risorse che, lo stessso ministro ha definito ”assolutamente insufficienti”.
E così in tempi di ristrettezze economiche sembra sia inevitabile anche tagliare sulla tutela del territorio ma c’è un settore che non conosce la crisi. Si tratta dell’Esercito italiano che, gioco della sorte, proprio ieri, 4 novembre, mentre l’Italia piangeva le vittime di Genova, era impegnato nella Festa delle Forze Armate.
Secondo i dati della Rete Italiana per il disarmo, nel 2011 il solo bilancio del Ministero della difesa ammonta a 20.556.850.000 (venti miliardi e mezzo) di euro, 192 milioni in più del bilancio 2010.
A questi vanno aggiunti circa 3 miliardi di euro provenienti dai bilanci di altri ministeri. Dal ministero per lo Sviluppo economico si attinge per la ricerca e produzione dei nuovi cacciabombardieri Eurofighter, delle unità navali classe Fremm o per contribuire a favore delle industrie militari e spaziali nazionali; 753 milioni di euro sono stati sottratti dai fondi del ministero dell’Economia per prorogare gli interventi bellici in Afghanistan, Libano e nei Balcani; una percentuale ormai altissima del budget del MIUR, il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca viene destinata alla ricerca spaziale e satellitare delle forze armate.
L’Italia spenderà nel 2011 ben 2 miliardi di euro in missioni militari all’estero.
Per dare un’idea un’ora di volo di un caccia bombardiere costa dai 30 ai 65mila euro, servono 100mila euro di carburante per ogni ora di navigazione della portaerei Garibaldi e del cacciatorpediniere Andrea Doria.
Nel frattempo l’Italia è sull’orlo di una gravissima crisi economica e a pagare sono la ricerca, l’istruzione, la sanità, le pensioni, l’assistenza sociale e l’ambiente.
E allora sorge spontanea una domanda: due portaerei, 131 caccia F-35, otto linee diverse di aerei, 400 carri armati, centinaia di caserme e poligoni, oltre mille veicoli da combattimento cingolati e blindati (molti dei quali non saranno mai utilizzati, per fortuna), ma per difendersi da che cosa?