CRONACA – Ovvero quando è la forma a fare la sostanza.
Fino a poco tempo fa c’era chi credeva che l’incredibile potenza del ruggito di tigri e leoni dipendesse dalla loro capacità polmonare. In poche parole: polmoni più grandi, suono più profondo e forte. Mentre alcuni scienziati sostenevano che il tipo di suono dipendesse piuttosto dalla presenza di adipe disposto sulle corde vocali. Ma ci è voluta una ricerca della University of Utah, pubblicata su PloS One per chiarire che non è dimensione delle corde vocali, né quella dei polmoni, e non il grasso in quanto tale, a scatenare un suono gutturale capace di farsi sentire anche oltre otto chilometri e che può raggiungere i 114 decibel. La responsabile è la forma delle corde vocali dei grandi felini.
Quest’organo è relativamente piccolo, ma grazie alle sue proprietà meccaniche uniche garantisce una tale potenza. Le corde vocali di tigri e leoni, infatti, non sono triangolari come in molti altri animali, bensì hanno una forma quadrata (e in questo sì che il grasso c’entra perché aiuta ad ottenere questa conformazione) che consente una maggiore resistenza allo stiramento. “In qualche modo quello del leone è un suono che replica il pianto di un bambino – ha spiegato il coordinatore della ricerca Ingo Titze in un comunicato diffuso dall’istituto – insistente e rumoroso, ma molto più basso. In entrambi i casi un suono forte e graffiante colpisce gli orecchi. Anche quando piange un bambino il suono non è piacevole. È ruvido e la vibrazione irregolare”.
Immagine: qmnonic (CC)