COSTUME E SOCIETÀ – Cosa fareste in una situazione d’emergenza, come un incendio, un terremoto o un naufragio? Pensereste solo a fuggire e salvarvi la pelle, o vi fermereste ad aiutare a qualcun altro in difficoltà, rischiando magari la morte? Probabilmente non si può sapere finché non ci si trova realmente a vivere un’esperienza del genere. Il panico e l’istinto di sopravvivenza possono portare a compiere azioni che non avremmo mai pensato di poter compiere. Viceversa, la disperazione può tirar fuori un coraggio da leoni che non credevamo di avere. Nell’incidente della Costa Concordia, il comandante Francesco Schettino, abbandonando la nave e migliaia di passeggeri al loro destino, è diventato l’emblema della viltà umana, mentre il commissario di bordo Manrico Gianpetroni che con la gamba spezzata ha continuato a prestare aiuto è stato celebrato da eroe. Perché i due hanno agito in maniera così diversa? Cos’è scattato nella testa dell’uno e dell’altro? Esistono delle basi neurofisiologiche che predispongono alcune persone verso comportamenti più o meno valorosi?
C’è un posto dove gli scienziati studiano per rispondere a domande come queste. È il laboratorio di realtà virtuale nato dalla collaborazione tra la Scuola internazionale di studi superiori avanzati (Sissa) di Trieste con il dipartimento di Computer Science dell’Università di Udine. “Per capire come funziona il cervello nell’interazione con altri individui non potevamo basarci sui classici paradigmi usati in risonanza magnetica, dove la persona, ferma immobile, deve immaginare di prendere una decisione in una circostanza del tutto ipotetica. Avevamo bisogno di creare una situazione il più possibile corrispondente alla realtà”, spiega Giorgia Silani, ricercatrice del settore di neuroscienze cognitive della Sissa. “Grazie a sofisticate tecnologie informatiche e computer grafica abbiamo sviluppato un ambiente di realtà virtuale immersiva che ci permettere di svolgere esperimenti altrimenti impossibili”. Per esempio, fotografare il cervello mentre si prende sul serio una scelta drammatica.
“Il soggetto – prosegue Silani – si trova in un edificio dove scoppia un incendio e riceve istruzioni per evacuare il palazzo il più in fretta possibile. Nella fuga verso l’uscita s’imbatte in una persona a terra, ferita, che implora aiuto. Ma il tempo stringe, le fiamme divampano… Deve scegliere in fretta se dare una mano al poveretto o continuare a scappare”. È una simulazione, naturalmente. Nella realtà il soggetto è in una stanza con una maschera in 3D davanti agli occhi e un macchinario di risonanza magnetica che monitora le sue reazioni cerebrali. Ma ciò che vede e sente grazie alla riproduzione virtuale è così coinvolgente da sembrare vero. Come in un film. “Ebbene, nei fatti solo pochi si fermano ad aiutare”, rivela Silani. “Prevale l’egoismo”.
I risultati preliminari della ricerca, che per il momento ha coinvolto 24 donne (uno degli obiettivi è verificare eventuali differenze di genere nei comportamenti pro o anti-sociali), suggeriscono che la distanza tra vigliacchi ed eroi si misuri nell’intensità dell’empatia che si prova verso gli altri. “Abbiamo osservato che quando si presta soccorso si accende nel cervello il cosiddetto circuito dell’empatia, associato alla capacità d’immedesimarsi negli altri e condividerne le emozioni”, spiega la ricercatrice. “E sembra che le persone nelle quali le aree neuronali dell’empatia sono più sviluppate abbiano una probabilità più alta di comportarsi in modo eroico”. Insomma, chi è più sensibile al dolore altrui è più propenso a non voltare la testa e andarsene. Potrebbe sembrare ovvio, ma è così che si fa scienza. “In teoria, avremmo potuto anche riscontrare il contrario, ovvero che le persone più empatiche nelle situazioni d’emergenza tendono a paralizzarsi, mentre chi riesce a mantenere distacco e sangue freddo si trasforma in un salvatore”, chiarisce Silani. “Gli studi sono ancora in corso e aspettiamo a confermare i risultati su un campione più ampio”.
Con la realtà virtuale si aprono scenari sperimentali inediti. “Per esempio, finora i dilemmi morali sono stati indagati solo attraverso strumenti testuali. Il nostro prossimo progetto – conclude la ricercatrice – è verificare cosa succede nel cervello quando si chiede a un soggetto di scegliere, tra sei persone, di salvarne cinque e sacrificarne una”. Le neuroscienze sociali, cioè lo studio dei processi cognitivi e neuronali nelle interazioni di gruppo, hanno adesso il loro fatidico banco di prova.
Crediti immagini: Bill Ward’s Brickpile, Flickr (CC)