AMBIENTE – L’approccio storico e antropologico allo studio del mare non è una novità (qui e qui trovate un esempio e un approfondimento), e un nuovo studio pubblicato su Fish and Fisheries (per ora solo sulla versione cartacea, appena è online aggiugiamo il link) offre spunti di riflessione sull’efficacia e importanza di questa metodologia. John “Jack” Kittinger, del Center for Ocean Solutions della Stanford University, e colleghi hanno confrontato gli ultimi sette secoli di pesca in due luoghi chiave negli Stati Uniti: le isole Hawaii e l’arcipelago delle Florida Keys. Per tracciare la storia della gestione delle risorse ittiche in questi due luoghi il team ha usato dati di varia provenienza: dai record dei tassi di pesca specie-specifici del 1800 alle ricostruzioni archeologiche della densità umana nelle isole e il consumo procapite di pesce (già dal 1300). Il team ha poi ricostruito i regimi di gestione associati a periodi di pesca molto intensivi usando anche qui fonti molteplici, incluse per esempio le pubblicazioni di studiosi nativi hawaiiani.
I risultati sono staiti definiti “sorprendenti” dagli autori. Secondo le ricostruzioni infatti, i nativi hawaiiani pescavano in quantità molto sostenute che eccedevano di gran lunga quelle che oggi la barriera corallina offre alla società, senza però depauperarla. Il contrario invece è avvenuto alle Florida Keys, che hanno a lungo alternato periodi di prosperità a periodi di impoverimento della fauna ittica. Lo studio secondo Kittinger dimostra che si può pescare in maniera molto produttiva e anche molto sostenibile, e gli hawaiiani ne sono un esempio.
Interessanti anche alcuni dettagli che emergono sui metodi di gestione della pesca. Pare infatti che il sistema hawaiiano fosse misto, nel senso che in parte le politiche emergevano dalla concertazione con il popolo, ma in parte era anche estremamente coercitivo. Spesso le regole avevano una caratterizzazione classista e sessista. Per esempio certe specie molto vulnerabili – come gli squali e le tartarughe – erano riservate alle mense dei grandi capi e dei sacerdoti. I tragressori inoltre venivano puniti corporalmente.
“Ovviamente non ci auguriamo questo,” commenta Kittinger, “Ma è facile vedere che c’è spazio per rinforzare ulteriormente gli sforzi attuali di regolamentazione.” (Un opinione magari un po’ forte).
Guardare alle esperienze del passato sulla gestione del mare resta comunque un approccio interessante, anche se è tutto da capire, mutato radicalmente lo scenario (crescita della popolazione, abitudini alimentari diverse, regole sociali, welfare, tecnologia…) come quanto appreso dal passato possa essere declinato nel presente.