CRONACA

L’animale delle meraviglie

CRONACA – Del maiale non si butta via nulla recita un detto contadino, che mantiene saldo il suo significato anche quando si esce da comparto salsicce & co. Il maiale infatti è una animale perezioso anche per la ricerca scientifica e per la salute dell’uomo. Data l’analogia genetica a molti livelli è un ottimo modello per studiare le malattie umane (senza contare che viene anche utilizzato per gli xenotrapianti). Non stupisce dunque l’attenzione rivolta alla sua genetica. Proprio pochi giorni fa sono usciti due studi collegati (con team di ricerca parzialmente sovrapposti) che hanno analizzato il DNA del maiale per comprendere i mutamenti subiti nel corso dell’addomesticazione.

Il maiale è stato addomesticato per la prima volta circa 10.000 anni fa in Eurasia. Il primo studio pubblicato su Nature ha confrontato il genoma di Sus scrofa domesticus con il DNA prelevato da 10 cinghiali, e poi anche con quello di uomo, topo, cavallo e mucca. L’analisi ha evidenziato ancora una volta le eccezionali doti olfattive dell animale (con geni olfattivi e del sistema immuitario in rapida espansione) ma anche che il senso del gusto è un po’ compromesso.

lo studio ha inoltre analizzato il patrimonio genetico del maiale da un punto di vista più legato alla possibilità di utilizzo di questo animale come modello medico per le malattie umane. I ricercatori hanno evidenziato 112 posizioni in cui la proteina suina ha lo stesso aminoacido implicato in una malattia umana (per esempio l’obesità, il diabete, la dislessia, il morbo di Parkinson e la malattia di Alzheimer) e questo conferma il maiale come buon modello da laboratorio.

il secondo studio pubblicato su PNAS invece ha esaminato a fondo alcune caratteristiche del maiale addomesticato, confrontandole con i cugini selvatici, per capire che tipo di mutazioni hanno portato all’animale che conosciamo oggi. Ci sono infatti almeno due cambiamenti morfologici degni di nota: l’allungamento della schiena e l’aumento del numero delle vertebre rispetto ai cinghiali. Sono stati identificati tre geni che potrebbero essere responsabili di questo cambiamento (e che a quanto pare sono responsabili di cambiamenti analoghi in altre specie).

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.