AMBIENTE – Una comunità di microbi variamente specializzati prospera in una brodaglia infernale sotto il ghiaccio di un grande lago antartico, scrivono Alison Murray del Desert Research Institute et al. su PNAS. Sono creature superdotate per stare su questo ed altri mondi.
I batteri, scriveva Stephen Jay Gould in La vita è meravigliosa, sono i veri signori del pianeta, capaci di evolversi per colonizzarne ogni angolo. Proprio così. Nel 2005 e nel 2010, il gruppo coordinato da Peter Doran, dell’università dell’Illinois a Chicago, aveva prelevato campioni di salamoia (brine) acidula e salatissima dal lago Vida (nomen omen) “sigillato” da una crosta di ghiaccio. Ora descrive gli organismi che ci sguazzano felici a -13° C.
Certi batteri vivono a temperature più basse, altri a salinità o acidità maggiori, ma questa è una comunità di crio-alo-acidofili:
vivono in livelli altissimi di metalli ridotti, ammoniaca, idrogeno molecolare e carbonio organico dissolto, nonché a concentrazioni elevate di specie ossidate di azoto (ossido nitrico e nitrato) e di zolfo (solfato).
Sigillato da tre millenni sotto la coltre di ghiaccio, “l’assembramento di microbi” — per lo più parenti piccoli di antichi estremofili noti (Archei), ma qualcuno bello grosso – è isolato da ogni fonte esterna di energia, solare soprattutto. Sembra privo di energia alternativa:
La geochimica della salamoia suggerisce l’occorrenza di reazioni abiotiche salamoia-roccia e che ricche fonti di accettori di elettroni dissolti impediscono alla riduzione del solfato e alla metanogenesi di essere favorevole dal punto di vista energetico.
Allora come campano? Domanda senza risposta anche l’anno scorso quando ricercatori cileni avevano trovato nel ghiaccio antartico (temperatura media -15° C) comunità ancora più sorprendenti. (1) Comprendevano infatti parenti stretti di batteri termofili che vivono attorno a 50° C e addirittura di iper-termofili che preferiscono stare a 95°. Tra questi un magnifico Deinococcus che – al pari del cugino radiodurans detto “Conan il batterio” – tollera senza fare una piega una dose di radiazioni 5.000 volte superiore a quelle che uccidono tutti gli altri organismi terrestri.
In attesa di risolvere il mistero delle fonti energetiche (un indizio è fornito dall’idrogeno molecolare), per Alison Murray e i suoi colleghi il lago Vida rappresenta
l’analogo di habitat su altri mondi glaciali dove le reazioni acqua-roccia potrebbero avvenire con depositi salini in oceani sotto la superficie.
Nel senso che su questa luna di Giove, per esempio, potrebbero esserci europei in salamoia.
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(1) Ne parlava bene, in catalano, la microbiologa Mercè Piqueras.
Micrografia: Christian H. Fritsen, Desert Research Institute