JEKYLL – Il dubbio ti coglie mentre apri la finestrina del calendario dell’avvento, tirando fuori il cioccolatino quotidiano: ma se il mondo deve finire il 21 dicembre, non converrebbe mangiarli tutti subito? Per aiutarci a tenere a bada la glicemia sono intervenute molte voci autorevoli. «Il nostro pianeta se l’è cavata bene per 4 miliardi di anni», scrive la NASA «e secondo gli scienziati non ci sono minacce associate al 2012».
Possiamo stare tranquilli, allora? Mica tanto. A leggere il rapporto del World Economic Forum uscito a inizio anno, Global Risks 2012, per chi al brivido della catastrofe non voglia proprio rinunciare non c’è che l’imbarazzo della scelta. Un gruppo di 469 esperti e leader dell’industria ha stimato la gravità di ben 50 rischi di tipo ambientale, economico, sociale, tecnologico e geopolitico.
I risultati sono riassunti in un bel grafico. A consultarlo, i fan dei Maya rimarrebbero parecchio delusi. Nessuna traccia d’impatti con asteroidi o altri corpi vaganti nei dintorni del nostro pianeta. Quanto a tempeste solari o catastrofi geofisiche, sono sì contemplate, ma nell’angolino in basso a sinistra del grafico: ovvero, fra i rischi meno probabili e con minore impatto globale.
Dunque di cosa possiamo preoccuparci? Gettando lo sguardo nel minaccioso settore in alto a destra, là dove si addensano i pericoli maggiori, il rischio ambientale in pole position è rappresentato dalle emissioni climalteranti. Effettivamente, il decennio 2002-2011 è stato il più caldo in Europa, con una temperatura della superficie terrestre più alta di 1,3 gradi rispetto alla temperatura media dell’epoca preindustriale. E gli effetti, per farsi sentire, non hanno atteso il 21 dicembre: aumento del livello del mare e acidificazione degli oceani; aumento di inondazioni e dell’intensità e frequenza dei periodi di siccità; compromissione di molti habitat e minacce alla biodiversità e agli ecosistemi, tutti processi già ampiamente in atto. E con conseguenze potenzialmente molto gravi: in un mondo più caldo di 4 gradi l’ecosistema subirebbe una transizione verso uno stato mai esperito dalla specie umana. Ondate di calore senza precedenti, siccità e inondazioni gravi aumenterebbero la mortalità e determinerebbero una perdita di biodiversità su larga scala. Le risorse dalle quali dipende la nostra società si ridurrebbero drasticamente.
Potrebbe già bastare per agitarsi sulla sedia anche dopo la fatidica data di venerdì. Ma il report mette in evidenza anche i problemi più rilevanti in ambito economico, sociale, tecnologico e geopolitico. All’interno di ciascuna categoria è stato individuato un “centro di gravità”, cioè il rischio che implica le maggiori conseguenze a livello sistemico e costituisce dunque il punto focale per guidare l’intervento.
Dal punto di vista economico il centro di gravità è rappresentato dalla crisi di liquidità e dall’aumento del divario fra il reddito delle classi più ricche e quello delle classi più povere. I problemi sociali ruotano attorno alla sovrappopolazione, che esercita una notevole pressione sulle risorse alimentari e idriche, ma anche sulle istituzioni pubbliche e sulla stabilità sociale. Ciò che maggiormente preoccupa riguardo all’aspetto tecnologico sono gli attacchi cibernetici, che colpendo alcuni punti vulnerabili del sistema potrebbero scatenare un effetto a cascata e mettere in crisi le infrastrutture e le reti di comunicazione. Come se non bastasse, dal punto di vista geopolitico si teme il fallimento della governance a livello globale, che impedirebbe un’efficace cooperazione nel fare fronte ai rischi considerati.
Insomma, al confronto la profezia maya è roba da poco. Ma una certezza unisce coloro che ancora ne temono l’avverarsi a quelli che ne dimostrano l’assenza di fondamento: il cioccolatino del 22 dicembre sarà il più dolce di tutti.