di Matteo De Giuli e Valentina Daelli
JEKYLL – L’annuncio doveva suonare più o meno così:
«Si cercano volontari che vogliano scappare da un edificio infestato di zombie»
Qualcuno, sorprendentemente, ha accettato l’invito, 185 persone disposte a farsi inseguire da un’orda di non morti per il progresso della scienza. L’esperimento, c’è da dire, si è concluso senza nessun morso, e tutti i volontari sono tornati a casa in pieno stato di coscienza. Non è la prima volta che la scienza prende in prestito l’immaginario zombie. Questa volta sono stati due ricercatori della University of Essex, in Gran Bretagna, interessati a studiare le dinamiche di fuga e di evacuazione da un edificio di una massa di persone poste in stato di stress. Come simulare l’agitazione e l’ansia che si sviluppano quando c’è un reale pericolo da cui scappare? L’idea è stata di utilizzare un programma di realtà virtuale per immergere i volontari in un edificio pieno di zombie, e di studiare il comportamento dei partecipanti in fuga nell’emergenza simulata. Al di là dei risultati dell’esperimento (piuttosto prevedibili, a dire il vero), l’esempio è interessante per l’utilizzo di un elemento dell’immaginario pop per simulare una situazione non troppo diversa dalla realtà.
Il successo dei morti viventi ha trovato negli ultimi anni un nuovo vigore. Libri, film, fumetti, videogiochi, serie tv: dopo più di quarant’anni dal primo film di Romero il contagio degli zombie nella cultura popolare non sembra ancora arginarsi. E neanche il mondo scientifico è rimasto immune dalla contaminazione.
La prima incursione del mondo dei non morti nella scienza risale al 2009, quando un gruppo di matematici guidati da Robert J. Smith? (no, il punto di domanda non è un refuso, è proprio il suo nome) ha pubblicato un articolo particolare all’interno di un libro dedicato ai modelli delle malattie infettive. In mezzo ai capitoli dedicati all’influenza, all’AIDS e alla malaria, il team di ricercatori ha inserito un’analisi matematica di un attacco zombie. Soltanto la stravaganza di un gruppo di nerd? In ogni caso l’esperienza non è rimasta isolata. Nel 2011 è stato addirittura il CDC statunitense (Centers for Disease Control and Prevention, un analogo del nostro Istituto Superiore di Sanità) a lanciare una campagna di comunicazione per prepararsi nel caso di un’apocalisse zombie. Dietro alla scelta, hanno riferito i responsabili, c’è stata la necessità di realizzare una campagna efficace e a basso costo, che raggiungesse soprattutto i più giovani. Se si è pronti per un’emergenza zombie, secondo il portavoce del CDC, si è pronti per qualsiasi altra emergenza. E l’idea di attrarre l’attenzione sfruttando la minaccia dei morti viventi sembra aver funzionato, almeno a giudicare dal numero di visite sul sito, aumentate di 60 volte durante la campagna.
Lo stesso esempio è stato seguito più recentemente anche dalla canadese Heart and Stroke Foundation, che per promuovere l’insegnamento per la rianimazione cardio-polmonare ha lanciato un video subito diventato virale. I protagonisti del video? Zombie, naturalmente.
La contaminazone dei non morti non ha risparmiato neanche le scienze sociali. Il libro di politica internazionale del professor Daniel W. Drezner si è guadagnato nel 2011 una menzione d’onore nel premio dell’Association of American Publishers “Award for Professional and Scholarly Excellence in Government & Politics”. Quale sarebbe la posizione del liberismo o del neoconservatorismo in caso di un’epidemia zombie? Il testo di Drezner, Theories of International Politics and Zombies, analizza il modo in cui si applicherebbero le diverse teorie di diritto internazionale in caso di una guerra con i morti viventi.
Un altro sguardo al rapporto tra zombie e politica internazionale lo ha gettato Jeremy Youde, professore di scienze politiche alla University of Minnesota Duluth. In un articolo pubblicato nel 2012, Youde ha discusso il ruolo delle organizzazioni internazionali nel caso di un’epidemia di non morti, sottolineando il delicato rapporto tra diritti umani e biosorveglianza.
Considerati una potente metafora culturale di un’ignota minaccia, gli zombie possono aiutare a comunicare temi che spaventano, come le epidemie, i disastri naturali, o i cambiamenti fuori dal nostro controllo. Non deve stupire che anche la scienza e i seriosi istituti di prevenzione si affidino ai non morti di quando in quando. D’altra parte, come ha detto una volta Romero, «gli zombie non mentono, non ingannano».
Infografica di Matteo De Giuli