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L’origine dell’occhio nelle braccia delle stelle marine

Starfish_08_(paulshaffner)CRONACA – Le stranezze percettive del mondo animale non smettono mai di stupire. Gli uccelli si orientano con il becco (Oggiscienza ne ha parlato qui), i grilli odono con le zampe, le farfalle gustano con i piedi e le stelle marine “vedono” con le braccia.

Le stelle marine – per spostarsi nel loro ambiente con il loro curioso sistema idraulico – usano occhi primitivi posti alle estremità delle cinque braccia. È questa la recente scoperta di un team di ricercatori guidato da Anders Garm della Marine Biological Section dell’Università di Copenhagen. Lo studio – ancora in attesa di pubblicazione – è stato presentato al recente meeting della Society for Experimental Biology, tenutosi a Valencia.

In verità è noto già da un paio di secoli che le stelle marine sulla punta delle braccia hanno piccoli occhi composti, simili a quelli degli insetti ma privi di analoghe proprietà ottiche. Tuttavia finora non era mai stata documentata la loro effettiva capacità di utilizzare un rudimentale sistema visivo per dirigere i loro movimenti nello spazio.

Per dimostrare l’importanza della vista, i ricercatori hanno prelevato dal loro habitat – la barriera corallina – individui con e senza occhi, rilasciandoli sul fondale sabbioso a una distanza di un metro. Monitorando dalla superficie il loro comportamento, hanno osservato che soltanto gli individui provvisti di occhi erano in grado di dirigersi precisamente verso il loro habitat originario, ricco di cibo. Gli esemplari “ciechi” – dal canto loro – si muovevano in modo casuale intorno al punto di rilascio, senza una chiara rotta da seguire.

Come afferma Garm, “i risultati mostrano che il sistema nervoso delle stelle marine è in grado di processare informazioni visive”. E suggeriscono che in generale siano sottostimate le capacità del sistema nervoso centrale degli echinodermi, il phylum cui appartengono le stelle marine, e che comprende anche ricci di mare e oloturie: animali a prima vista bizzarri, eppure filogeneticamente affini al nostro phylum, quello dei cordati.

In seguito, i ricercatori hanno analizzato in dettaglio la morfologia dei fotorecettori – le cellule sensoriali deputate al rilevamento degli stimoli luminosi – contenuti all’interno degli occhi delle stelle marine. E hanno così scoperto che costituiscono un gradino intermedio tra i due grandi gruppi noti di fotorecettori, i rabdomerici e i ciliari. I primi predominano in natura tra gli invertebrati, i secondi tra i vertebrati.

Secondo Garm si tratta di un indizio di grande interesse, che ci riporta evolutivamente indietro sino all’origine dell’occhio, un evento che aveva sconcertato Darwin, e che è ancora in gran parte avvolto dal mistero. “La morfologia dell’occhio delle stelle marine, insieme alla sua qualità ottica, sono vicini al teorico occhio primordiale agli albori dell’evoluzione, quando apparve per la prima volta la capacità di formare immagini. E suggeriscono quali possano essere stati in origine i primi comportamenti che hanno guidato lo sviluppo della vista: la navigazione verso gli habitat preferiti usando grandi oggetti statici (in questo caso la barriera corallina)”.

Crediti immagine: Paul Shaffner, Wikimedia Commons

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