CRONACA

Più semplice di così

Image of hydrogenCRONACA – Un protone, un elettrone o due, l’idrogeno è l’elemento più abbondante e banale che ci sia nell’universo. Non dovrebbe riservare sorprese, invece si prova a dissociarlo in fase metallica e atomica da quando lo prevede una teoria del 1935.

A fine secolo la teoria veniva smentita, tutto da rifare. All’università Cornell, ci ripensavano due pesi massimi: prima il fisico Neil Ashcroft, che aveva teorizzato un idrogeno superfluido sul finire degli anni Sessanta, e poi il chimico teorico Roald Hoffmann. Entrambi emeriti, ma con giovani post-doc come l’intrepida Vanessa Labet, Paulina Gonzales-Morelo et al., hanno provato a torturare (teoricamente) quell’idrogeno, da solo e con altri elementi, in un’incudine a diamanti,  sotto pressioni di centinaia, addirittura migliaia di gigapascal, come al centro di Giove.

Oltre a pubblicare modelli di previsione, hanno scritto un romanzo a puntate “A fresh look at dense hydrogen under pressure” letto con interesse da astrofisici, fisici della materia condensata,  quelli della materia tout court per via dei superconduttori, quelli dell’energia perché l’idrogeno metallico – se stabile, un grosso se – sarebbe un carburante compatto, leggero, l’ideale per missioni e stazioni spaziali.

Due anni fa, Ivan Trojan e Mikhail Eremets, del Max Planck di Magonza, ottenevano idrogeno metallico, con soltanto qualche traccia, forse, di “fluido quantistico” o superfluido, il che per certi versi smentiva la previsione di emeriti e post-doc. Ma i risultati dell’esperimento erano incerti, a quelle pressioni parte dell’idrogeno s’infiltra nei diamanti della morsa e li screpola. A volte li sbriciola come pavesini. I laser non fanno più vedere che fine ha fatto l’idrogeno (già è poco, qualche decina di micrometro cubo), bisogna calcolarlo.

I calcoli dipendono dalla teoria e quelli appena usciti sulla Physical Review Be sui PNAS non concordano con i dati di Trojan ed Eremets, e nemmeno con la simulazione pubblicata a giugno su Nature Communications. La demarcazione tra metallo e fluido sarebbe più sfumata di quella rilevabile dagli strumenti del Max Planck. Quest’estate, Roald Hoffmann prepara la prossima puntata del romanzo.

Ma non doveva andare in pensione e scrivere poesie? Sì, certo, ma da piccolo s’era innamorato di una molecola dalla “semplicità ingannevole” e il primo amore

Credito Immagine: Jurii, Wikimedia commons

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