AMBIENTE – Otto regioni, 1.800 chilometri di coste analizzate, oltre il 55% trasformato dall’urbanizzazione. È questa la fotografia scattata dal dossier di Legambiente “Salviamo le coste italiane”, che attraverso un lavoro di analisi e confronto delle immagini satellitari ha evidenziato le aree dove è stato modificato o addirittura cancellato il rapporto tra mare, paesaggi naturali e agricoli.
Tra le regioni esaminate, il record negativo spetta all’Abruzzo e al Lazio, entrambe con il 63% di coste trasformate e occupate da palazzi, ville, alberghi e porte. In Abruzzo, tra le infrastrutture che hanno inciso maggiormente, spiccano i porti di Pescara, Giulianova, Ortona e Vasto, mentre nel Lazio sono soprattutto i tratti di costa che vanno da Salto Corvino a Terracina e da Anzio a Torvaianica a presentare i valori di consumo di suolo più elevati.
Terza classificata l’Emilia Romagna, dove il 58,1% delle coste sono state urbanizzate, con un aumento delle costruzioni, soprattutto da Cesena a Cattolica, anche alle spalle della linea costiera.
Risultati negativi anche per Sicilia, Marche e Campania, dove sono stati trasformati, rispettivamente, il 57,7%, il 54,4% e il 50,3% delle coste.
Particolare la situazione del Molise, dove una costa di soli 35 km è stata, negli ultimi 25 anni, tra le più aggredite dalla cementificazione, registrando un aumento del consumo di suolo di oltre il 28%.
Infine, il Veneto sembra avere la meglio, con solo il 36% delle coste trasformate. A salvarlo, però, non sono state politiche urbanistiche, ma la morfologia costiera della laguna veneta e del delta del Po che hanno contribuito a limitare l’espansione del cemento.