RICERCA – Sono ancora controversi gli studi attorno all’ipotesi avanzata da Paolo Zamboni, direttore del centro malattie vascolari dell’Università di Ferrara, riguardo il legame tra sclerosi multipla e anomalie del flusso venoso extracranico. Un recente studio condotto dall’Università canadese McMaster e pubblicato su Plosone, ha infatti dimostrato come non ci sia alcuna correlazione tra la patologia individuata da Zamboni – l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale o Ccsvi – e questa malattia neurodegenerativa. Nel 2008 il chirurgo di Ferrara e il suo team di ricerca avevano descritto per la prima volta in alcuni studi, come un’ostruzione multipla delle vene extracraniche fosse presente nei pazienti colpiti da sclerosi multipla e fosse uno dei meccanismi coinvolti nell’insorgenza di questa patologia. L’angioplastica coronarica quindi, sempre secondo la teoria portata avanti da Zamboni, eliminando l’ostruzione e migliorando il flusso e il drenaggio del sangue proveniente dal cervello, potrebbe aiutare i pazienti affetti da sclerosi multipla.
Un altro studio condotto da Zivadinov e colleghi aveva riportato una prevalenza di Ccsvi nel 56% dei pazienti affetti da sclerosi multipla, una via di mezzo tra quanto visto da Zamboni e studi che vanno in senso contrario (anche qui e altri sono disponibili nella bibliografia del lavoro pubblicato su Plosone). Sempre nello studio condotto da Zivadinov, però, anche il 23% dei controlli presentavano Ccsvi. Lo studio condotto da Ian Rodger della McMaster invece va in senso contrario e dimostra che questa relazione non esiste. Circa 200 pazienti sono stati reclutati nello studio caso-controllo randomizzato, di cui 100 affetti da sclerosi multipla e di età compresa tra i 18 e 65 anni. Tutti sono stati sottoposti a ecografia delle vene del collo e delle vene cerebrali profonde e a imaging a risonanza magnetica delle vene del collo e del cervello. Queste procedure sono state eseguite su ciascun partecipante lo stesso giorno e in presenza di tre operatori formati a Ferrara. La conclusione è che in nessuno dei partecipanti allo studio sono state riscontrati «reflusso, stenosi o ostruzione delle vene giugulari interne o delle vene vertebrali» come si legge nel lavoro. «Allo stesso modo, non vi era alcuna prova di una reflusso o di cessazione del flusso nelle vene cerebrali profonde». La conclusione degli autori è quindi che non vi è alcuna relazione tra un ridotto flusso di sangue o ostruzione delle vene del collo e la sclerosi multipla.
Conclusione verso cui Zamboni e il collega Mirko Tessari hanno mostrato qualche perplessità replicando con una lettera inviata alla rivista scientifica, per via dei metodi usati dai ricercatori canadesi. Un altro studio italiano poi, pubblicato su Journal of Vascular Surgery sempre negli stessi giorni e condotto da Tommaso Lupattelli dell’Istituto clinico cardiologico di Roma, su circa 1200 pazienti affetti da sclerosi, ha invece confermato la teoria di Zamboni: tutti i pazienti affetti da sclerosi erano infatti positivi alla Ccsvi, come rivela Adnkronos. «Tutti i pazienti erano stati precedentemente trovati positivi all’ecocolordoppler per almeno due criteri di Zamboni per la Ccsvi – spiegano Lupattelli e colleghi – e avevano una diagnosi di sclerosi multipla confermata dal neurologo. Sono stati considerati per il trattamento solo i casi di sclerosi sintomatici e l’angioplastica coronarica è stata effettuata in regime ambulatoriale presso due diversi istituti. La “terapia di liberazione” o trattamento endovascolare per la Ccsvi sembrerebbe quindi fattibile e sicuro per i ricercatori dell’Istituto clinico cardiologico di Roma.
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