Si chiama RNA interference (RNAi) pathway, ed è una via di attivazione antivirale differente da quella classica innata delle nostre cellule. Fino a poco tempo fa vi erano prove che la possedessero solo invertebrati e piante, ma di recente ne è stata confermata l’esistenza anche nelle cellule dei mammiferi, grazie a un lavoro pubblicato su Science. Generalmente, quando il nostro organismo è attaccato da un virus, si attiva la risposta immunitaria innata: le cellule infettate che riconoscono il virus rispondono liberando delle proteine specifiche, gli interferoni, che stimolano le altre cellule a resistere all’agente infestante. La prima cellula infettata però, quella che attiva la risposta mediata dagli interferoni, spesso muore.
Se pensate che vincere il premio Nobel sia il momento più eccitante nella carriera di uno scienziato vi sbagliate. «Certo lo è, ma il momento in cui ci si rende conto di aver fatto una scoperta fondamentale per la scienza, universalmente accettata, lo è ancora di più». Lo ha rivelato ieri alla Tv svedese, James E. Rothman, dell’Università di Yale, uno dei tre scienziati vincitori del premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina 2013.
Sono serviti decenni per sviluppare antibiotici e farmaci resistenti alle mutazioni dei batteri, ma in tutto questo tempo la natura non è stata a guardare. Batteri come il Mycobacterium tuberculosis responsabile della tubercolosi, si sono evoluti negli anni grazie a mutazioni che gli hanno permesso di raggirare l'effetto degli antibiotici e diventare resistenti ad essi. Tanto che nel 2010 – scrive Nature – 650000 casi di tubercolosi erano resistenti ai due principali farmaci d'elezione per il trattamento della malattia, e nel 2012 i primi ceppi Mycobacterium tuberculosis resistenti ai farmaci – e quindi non trattabili – sono stati riscontrati anche in India.
Sono ancora controversi gli studi attorno all'ipotesi avanzata da Paolo Zamboni, direttore del centro malattie vascolari dell'Università di Ferrara, riguardo il legame tra sclerosi multipla e anomalie del flusso venoso extracranico. Un recente studio condotto dall'Università canadese McMaster e pubblicato su Plosone, ha infatti dimostrato come non ci sia alcuna correlazione tra la patologia individuata da Zamboni – l'insufficienza venosa cronica cerebrospinale o Ccsvi – e questa malattia neurodegenerativa.
Non sono servite a molto le audizioni di alcuni noti scienziati che chiedevano di ridiscutere l’articolo 13 della Direttiva europea sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. Il 1 agosto infatti la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il provvedimento che di fatto limiterà non poco la ricerca biomedica italiana.
Staminali ancora protagoniste. Questa volta sotto i riflettori ci sono le VSELs (very small embryonic-like cells) , microscopiche cellule staminali pluripotenti estratte dal midollo osseo, sostenute dal Vaticano ma dalla dubbia esistenza.
In questo momento (dalla mattina del 17 giugno) sono in atto le audizioni, volute dalla Commissione Affari sociali della Camera, per ridiscutere l’articolo 13 della Direttiva europea sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. Una piccola prima vittoria per tutti gli scienziati che si sono opposti ai divieti contenuti in questo articolo e per il Gruppo 2003 per la ricerca, che da qualche giorno ha lanciato un appello – che ha raccolto più di mille firme – chiedendo che l’articolo fosse riscritto. Se così non fosse verrebbe messo in discussione il lavoro di molti ricercatori e la figura stessa della ricerca italiana nello scenario europeo: in ballo gli studi sulle dipendenze, sugli xenotrapianti e la ricerca di base in generale
«Noi siamo abituati a raccontare storie, ma forse questa è la storia più bella che abbiamo raccontato finora» afferma Francesca Pasinelli, direttore generale di Telethon. Una storia che riguarda Mohammad, Giovanni, Kamal, Samuel – unico italiano fra i sei – Canalp e Jacob. Sei piccoli pazienti affetti da due gravi malattie genetiche – la leucodistrofia metacromatica (la stessa malattia della piccola Sofia del caso Stamina) e la sindrome di Wiskott-Aldrich – che tre anni fa hanno iniziato il trattamento con una terapia genica innovativa e che ora mostrano significativi benefici e stanno bene.
Che sia colpa della crisi o meno, in Italia come nel resto dei Paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) la spesa sanitaria – sia pubblica che privata – crolla. Dopo un decennio – dal 2000 al 2009 – che ha visto un crescita costante della spesa sanitaria, in media del 5% per i tutti i Paesi dell’Ocse, si è registrata una brusca frenata e un calo nel 2010, con una crescita di appena 0,5 % nel biennio 2010-11. Questo il quadro della situazione europea delineato dal rapporto Health Data 2013 della Ocse.