SALUTE – È previsto per i prossimi 2-3 luglio ad Accra (Ghana), un incontro voluto dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), tra undici Paesi coinvolti nell’emergenza ebola, che ormai da mesi ha colpito l’Africa Occidentale. Dal vertice, che vedrà intervenire i ministri della Salute dell’area interessata, dovrà scaturire un piano su come risolvere la crisi e come agire all’interno dei Paesi colpiti.
Quella che è stata definita come la più grande epidemia di ebola da quando il virus fu scoperto, nel 1976, conta in realtà due epidemie (qui un’infografica interattiva pubblicata da Mashable). La prima, avvenuta a marzo del 2014, aveva riguardato la sola Guinea, con qualche sporadico caso nei Paesi limitrofi, contagiando circa 122 persone di cui 80 morti. La situazione è precipitata quando all’inizio di giugno il numero di persone colpite dal virus hanno iniziato a crescere anche in Sierra Leone e Liberia. Fino ad arrivare al 24 giugno scorso quando l’organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF) ha annunciato in un comunicato stampa che l’epidemia era ormai senza precedenti, con più di 60 focolai attivi nell’Africa occidentale, 635 casi di febbre emorragica (la metà dei quali confermati come ebola) e 399 decessi. Aggiungendo di essere ormai arrivati al limite della propria capacità di azione.
«L’epidemia è fuori controllo» ha dichiarato Bart Janssens, Direttore delle operazioni per MSF nello stesso comunicato stampa. «Con la comparsa di nuovi focolai in Guinea, Sierra Leone e Liberia c’è il reale rischio che l’epidemia si diffonda in altre aree». «Non si tratta più di un’epidemia limitata a un Paese specifico – ha aggiunto l’Oms in un comunicato stampa– ma di una crisi sotto-regionale che richiede un’azione decisa da parte dei governi e dei partner internazionali».
In un video pubblicato su YouTube Saverio Bellizzi, epidemiologo di Medici Senza Frontiere al ritorno dalla sua seconda esperienza in Guinea, racconta come già un mese fa pensava si fosse raggiunto il picco dell’epidemia, e di essere oggi in fase discendente. «In realtà no, contiamo più di 500 casi confermati e 300 vittime, testimoni del fatto che la situazione epidemica non ha precedenti per diffusione geografica e casi. MSF si sta occupando dei pazienti direttamente nei centri e lavora anche con le autorità locali e altri centri internazionali per il controllo dell’epidemia. In alcune zone, al Nord, l’epidemia è stata in parte controllata, con tassi di mortalità del 25 per cento, mentre in altre, a Sud, dove si trova l’epicentro dell’epidemia, il tasso è ancora intorno all’80 per cento».
Come spiega l’Oms, l’ebola è una grave malattia spesso fatale, con un tasso di mortalità fino al 90 per cento. È una delle infezioni più virulente del mondo, e si trasmette per contatto diretto tra sangue e altri fluidi corporei, o tessuti di animali infetti e persone. Durante i focolai, le persone più a rischio di contagio sono gli operatori sanitari, i familiari e tutti coloro siano in stretto contatto con malati e pazienti deceduti. L’infezione può essere controllata attraverso l’uso di misure protettive consigliate nelle cliniche e negli ospedali, nelle comunità, e in casa. Proprio per il suo alto tasso di mortalità e per il fatto che non esistono vaccini e cure, la malattia viene considerata un’arma batteriologica. L’unico modo per arginare il problema è proprio quello di contenerne la diffusione. Per fermare questa epidemia, in particolare, secondo Janssens è necessario mettere a disposizione dei Paesi colpiti medici qualificati, organizzare formazioni su come trattare l’ebola, e incrementare l’attività di sensibilizzazione della popolazione e di monitoraggio dei contatti con le persone infette.
Per quanto riguarda l’Europa e l’Italia, sembra che per il momento non ci sia pericolo, anche se il rischio non è da escludere. Gianni Rezza, epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità, ha spiegato al Corriere della Sera e Focus, che «un arrivo di casi nel nostro Paese è altamente improbabile e il rischio per l’Europa è bassissimo, anche se non si può escludere del tutto. I casi di ebola sono di nuovo aumentati soprattutto per il coinvolgimento di altri Paesi vicini, ma questo non vuol dire che l’epidemia sia fuori controllo. Piuttosto direi che sta durando troppo a lungo, ma non significa che ci sia un pericolo per il mondo, né che sia pericoloso viaggiare in quei Paesi, anche perché le zone interessate, tranne qualche eccezione, sono isolate (qui alcuni consigli per i viaggiatori pubblicati dall’Oms, ndr). È molto improbabile poi che una persona con Ebola arrivi in Europa perché il tempo di incubazione della malattia non è molto lungo, e chi si ammala non è in grado di viaggiare. L’epidemia inoltre è concentrata in zone remote, è difficile che qualcuno da lì prenda un aereo per l’Europa. Non ci sono neanche voli diretti per l’Italia. Inoltre chi si ammala sta molto male da subito, è facile da identificare e isolare nel caso sia necessario. Il virus infatti si diffonde per contatto diretto e non per via aerea, per cui l’ebola non terrorizza i paesi industrializzati dove questo virus sarebbe facilmente tenuto sotto controllo. Le difficoltà che si stanno incontrando nel contenere l’epidemia in Africa occidentale sono dovute probabilmente a motivi logistici».
Crediti immagine: European Commission DG ECHO, Flickr