POLITICA – Che sia colpa della crisi o meno, in Italia come nel resto dei Paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) la spesa sanitaria – sia pubblica che privata – crolla. Dopo un decennio – dal 2000 al 2009 – che ha visto un crescita costante della spesa sanitaria, in media del 5% per i tutti i Paesi dell’Ocse, si è registrata una brusca frenata e un calo nel 2010, con una crescita di appena 0,5 % nel biennio 2010-11. Questo il quadro della situazione europea delineato dal rapporto Health Data 2013 della Ocse.
L’Italia in particolare è passata da un 2,2% di crescita nel decennio 2000-2009, a un rallentamento nel 2010 con un +1,8% del tasso di crescita e addirittura un calo nel 2011 registrando una riduzione del -1,6%. Calo che si riscontra nel settore pubblico – a causa della politica di tagli attuata dai governi in questi ultimi anni a fronte della crisi economica – ma anche in quello privato, con una riduzione della spesa sanitaria privata, dovuta a una stagnazione se non addirittura ribasso, dei redditi medi nel biennio 2010-2011.
La crescita media annua della spesa sanitaria nei paesi dell’Ocse ha subito una forte inversione di marcia soprattutto nei Paesi più colpiti dalla crisi, i cosiddetti Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) usando l’acronimo usato in campo economico. In Grecia il taglio alla spesa sanitaria ha raggiunto valori dell’11%, seguita da Irlanda, Portogallo e Spagna. Crescono solo Francia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera, Finlandia, Norvegia ma sempre in calo rispetto il decennio 2000-09.
Anche oltre Europa la spesa sanitaria resta in crescita anche se di poco: in Canada con uno 0,8% e negli Stati Uniti con un 1,8%, sempre riferiti al 2011. Negli Stati Uniti, inoltre, la quota di Pil destinata alla spesa sanitaria si è fermata intorno al 17,7% tra il 2009 e il 2011, dopo anni di costante aumento. Mentre resta alta la differenza di Pil investito in spesa sanitaria tra Italia e Stati Uniti e i Paesi europei più virtuosi. In Italia infatti appena il 9,2% del PIL è destinato alla spesa sanitaria – la media Ocse è di 9,3 per cento – molto al di sotto del 17,7% degli Usa, 11,9% dei Paesi Bassi, 11,6% della Francia, e 11,3% della Germania.
Se poi si analizza la spesa pro-capite, a parità di potere di acquisto, tra gli americani con una spesa di 8500 dollari l’anno e l’Estonia con 1303 dollari, l’Italia si colloca al di sotto della media Ocse (3339 dollari) con 3012 dollari pro-capite spesi all’anno. Spendono molto più di noi la Norvegia con 5669 dollari, la Svizzera (5663 dollari) e i Paesi Bassi (5099 dollari).
Riduzioni della spesa sanitaria pubblica sono state praticate in quasi tutti i Paesi Ocse, soprattutto per quanto riguarda la spesa farmaceutica. Settore quest’ultimo che ha subito forti tagli nel 2011. Sempre nel 2011, il Portogallo, la Grecia e la Spagna hanno ridotto la spesa per farmaci da prescrizione del 20%, 13% e 8% rispettivamente. Contemporaneamente si è cercato di puntare sul mercato dei generici: in Spagna, per esempio, la quota di farmaci generici (nel volume totale del consumo) è più che raddoppiata tra il 2006 e 2011. Circa tre quarti dei paesi Ocse ha invece ridotto la spesa per la prevenzione e la salute pubblica, sebbene queste non vadano a incidere più di tanto sul totale della spesa sanitaria. Molti governi hanno inoltre cercato di contenere i costi ospedalieri – una delle spese più onerose per tutti i Paesi – tagliando i salari, riducendo il personale ospedaliero e i posti letto, e aumentando il ticket per i pazienti.
In Italia per quanto riguarda le risorse del settore sanitario, nel 2011 si è registrato un maggior numero di medici a discapito degli infermieri (rispettivamente 4,2 ogni 1000 abitanti contro 3,2), dimostrando un’inefficace distribuzione delle risorse umane; sono diminuiti i posti letto (3,4 ogni 1000 abitanti contro i 4,8 della media Ocse) e il tempo di degenza in ospedale; mentre è cresciuta notevolmente la disponibilità delle tecnologie diagnostiche, come imaging a risonanza magnetica (Irm) e tomografia assiale computerizzata (Tac), in linea con gli altri Paesi Ocse ma molto sopra la media (23,7 Irm per milione di abitanti in Italia contro i 13,3 media Ocse; 32,1 Tac per milioni di abitanti in Italia contro 23,3 media Ocse).
Nonostante questo la speranza di vita in Italia (82,7 anni media uomini/donne) è ancora una delle più alte fra i Paesi Ocse, seconda solo alla Svizzera e maggiore della media Ocse (80,1 anni).
Crediti immagini: OECD Health Date 2013, Cristina Tognaccini