NOTIZIE – Il residuo solido – per chiamarlo così – del metabolismo animale viene ancora usato come combustibile, dopo essicazione, oppure trasformato in carburante. Fino a poco tempo fa, dallo scarto liquido si estraevano solo fertilizzanti, una nuova ricerca ne estrae elettricità.
Fuor di eufemismi, in India si brucia sterco di mucca per cuocere il cibo, a Oslo gli autobus vanno a metano umano, in vari paesi la nostra urea fa da concime (mini-rassegna). Convertire la pipì in corrente è un’idea più recente, ma con solide pubblicazioni alle spalle, realizzata ora da una squadra multidisciplinare diretta da Ioannos Ieropoulos, un simpatico capellone del Bristol Robotics Laboratory.
Con i colleghi dell’università locale, su Physical Chemistry Chemical Physics spiega come ha realizzato una batteria a urina. Partendo da risultati precedenti, hanno coltivato uno strato di batteri su anodi in fibra di carbonio poi infilati in tubi di ceramica per creare il circuito elettrico di una pila a combustibile microbiologico. Quando l’urina passa nei tubi, i batteri ne metabolizzano potassio, urea, cloruri, bilirubina e altri ingredienti, liberando elettroni la cui carica elettrica passa in un condensatore che accumula l’elettricità.
Una serie di pile consente di chiamare brevemente qualcuno con il cellulare, di mandare sms e di girare sul web, la produttività per ora è bassa. I batteri sono quelli abitualmente trattenuti negli impianti di depurazione, il materiale è economico e di facile reperimento per cui ogni cella costa sui 1,20 euro. Restano da risolvere problemi comuni alle pile microbiologiche: controllare la popolazione dei batteri per evitare che otturino i tubi, cosa fare dei loro metaboliti ecc.
Il cellulare dimostra comunque che il concetto è valido, dice Ieropoulos,
e la bellezza di questa fonte di energia è che non dipende dalla natura occasionale del vento o del sole. Riutilizziamo davvero dei rifiuti per creare energia, più ecologico di così…
La ricerca prosegue, finanziata anche dalla fondazione Gates nel quadro delle “Grandi Sfide” per risolvere emergenze sanitarie e ambientali nei paesi più poveri, come il Reinvent the Toilet Challenge.
Crediti immagine: Cristina Della Rosa, Flickr. Grazie a Nicola Misani per la segnalazione.