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Tubercolosi: aumentano i casi di batteri resistenti

600px-TB_in_sputumRICERCA – Sono serviti decenni per sviluppare antibiotici e farmaci resistenti alle mutazioni dei batteri, ma in tutto questo tempo la natura non è stata a guardare. Batteri come il Mycobacterium tuberculosis responsabile della tubercolosi, si sono evoluti negli anni grazie a mutazioni che gli hanno permesso di raggirare l’effetto degli antibiotici e diventare resistenti ad essi. Tanto che nel 2010 – scrive Nature – 650mila casi di tubercolosi erano resistenti ai due principali farmaci d’elezione per il trattamento della malattia, e nel 2012 i primi ceppi Mycobacterium tuberculosis resistenti ai farmaci – e quindi non trattabili – sono stati riscontrati anche in India.

I ceppi resistenti, in continuo aumento, stanno preoccupando non poco la comunità scientifica che ha deciso di passare alla controffensiva analizzando il genoma di questi batteri per identificare le mutazioni responsabili della farmaco resistenza. Due gruppi di ricerca differenti hanno in contemporanea pubblicato su Nature Genomics una lista di queste mutazioni, dopo aver esaminato centinaia di campioni del Mycobacterium tuberculosis: un piccolo primo passo verso al comprensione di questo meccanismo di difesa.

Entrambi i team di ricerca hanno eseguito una procedura simile, partendo i primi – quelli guidati da Megan Murray della Harvard School of Public Health di Boston – dal sequenziamento di 123 ceppi provenienti da tutto il mondo, le cui sequenze sono state poi mappate su un albero evolutivo. Tra queste in seguito hanno cercato le mutazioni che sono state collegate indipendentemente alla resistenza, identificando 39 nuove mutazioni. I secondi – quelli guidati da Lijun Bi dell’Istituto di Biofisica di Pechino (Accademia Cinese delle Scienze) – hanno invece sequenziato e analizzato 161 campioni provenienti da pazienti cinesi con un metodo simile, arrivando a identificare 84 geni e 32 nuove regioni associate alla resistenza.

Nonostante le due liste siano poco sovrapponibili – anche perché partono da ceppi di origine differente, analizzati con metodi non del tutto simili – il messaggio che lanciano è lo stesso, come sostiene lo stesso Murray: «Sono moltissimi i geni implicati nello sviluppo della farmaco-resistenza, più di quanto pensassimo, e ancora non sappiamo cosa fanno e in che modo. E di conseguenza, sono tantissimi i modi con cui questi batteri riescono a diventare resistenti ai nostri trattamenti».

Per esempio molti dei ceppi analizzati da entrambi i gruppi di ricerca hanno individuato regioni di geni che influenzano la resistenza al farmaco agendo sulla parete cellulare, modificandone la struttura o alterando la sua permeabilità. Altre favoriscono la produzione di pompe molecolari che espellono i farmaci arrivati all’interno della cellula, o ancora, aumentano la velocità con cui M. tuberculosis muta, permettendo così di raccogliere le mutazioni benefiche in modo più rapido. Ma il ruolo giocato dalla maggior parte di queste regioni geniche è sconosciuto: «Per circa la metà dei geni nella nostra lista, abbiamo un nome, ma non sappiamo che cosa fanno» ha affermato Murray.

Ora compito dei ricercatori sarà quello di validare le loro liste, verificando se l’introduzione di una mutazione che si pensa sia responsabile della farmaco-resistenza, permetta al batterio di sopportare dosi più alte di farmaco, o viceversa se la privazione della mutazione lo renda sensibile al farmaco. E individuare i diversi passaggi che sono necessari al batterio per diventare resistente ai farmaci: «Per raggiungere la resistenza totale verso gli antibiotici, sono infatti necessari tanti piccoli step» conclude Murray. Individuare questi passaggi potrebbe rivelarsi un ottima possibilità per i medici di monitorare il livello di resistenza dei batteri, e per i ricercatori di sviluppare nuovi farmaci che agendo su questi step intermedi, blocchino il processo prima che i batteri diventino resistenti.

Crediti immagine: CDC, Wikimedia Commons

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