RICERCANDO ALL'ESTERO

Un chip per studi a singola cellula di batteri

In una comunità di batteri ci sono comportamenti molto variegati che incidono sulla sopravvivenza della popolazione. Gli studi a singola cellula permettono di avere uno sguardo più da vicino sulle dinamiche di regolazione e crescita delle comunità batteriche.

I batteri sono presenti ovunque in natura e giocano ruoli critici nella nostra biosfera. Molte delle cose che sappiamo sui batteri, sono state ottenute attraverso studi di popolazione e facendo una media delle dinamiche e dei comportamenti individuali. Tuttavia, sempre più ricerche mostrano che le differenze tra cellula e cellula sono cruciali per il destino e la continuità dell’intera popolazione, e non possono essere trascurate negli studi di microbiologia.

Emanuele Leoncini è a Boston per studiare il ciclo di crescita dei batteri, analizzandolo a livello di singola cellula grazie alla messa a punto di un particolare dispositivo chiamato mother machine.


Nome: Emanuele Leoncini
Età: 38 anni
Nato a: Fiesole (FI)
Vivo a: Boston (Stati Uniti)
Dottorato in: matematica applicata (Francia)
Ricerca: Ecosistemi naturali di microorganismi dalla prospettiva della singola cellula
Istituto: Department of Systems Biology, Blavatnik Institute at Harvard Medical School (Boston)
Interessi: musica, suono in una band, fotografia, nuotare, viaggiare
Di Boston mi piace: l’ambiente ricco in scienza, fare barca a vela sul fiume
Di Boston non mi piace: è lontana da casa, dopo le 18 la città si spegne
Pensiero: Tout ce qui est vrai pour la bactérie Escherichia coli est vrai pour l’éléphant. (Jacques Monod)


In cosa consiste la mother machine che usate?

Si tratta di una piattaforma di microfluidica, un piccolo dispositivo composto da una serie di piccole canalette a fondo chiuso in cui è presente una cellula di E. coli, chiamata cellula madre. Il tutto collegato a un microscopio.
Man mano che la cellula madre si divide, spinge le cellule figlie lungo un canale: una volta raggiunta l’estremità aperta, le cellule figlie finiscono in un canale più largo detto di nutrimento per essere “lavate” via.

La mother machine è un dispositivo rivoluzionario in microbiologia perché ha permesso di superare il grosso problema del tempo di osservazione. Batteri come E. coli hanno un tasso di replicazione di circa 20 minuti e ciò fa sì che, in un normale esperimento di microbiologia, si hanno a disposizione una o due ore per osservare dei fenomeni, dopodiché le cellule cominciano a sovrapporsi.
Nella mother machine, con il fatto che le nuove generazioni vengono lavate via, si riesce a mantenere un numero fisso di cellule e a fare osservazioni anche per 4-5 giorni continuativi.

Per che tipo di studi la usate?

Il mio lavoro è basato sulla curva di crescita dei batteri, che si articola in quattro fasi: una fase iniziale di latenza in cui i batteri si adattano all’ambiente in cui si trovano; una fase esponenziale in cui si risvegliano e si moltiplicano rapidamente, consumando i nutrimenti; una fase stazionaria in cui, quando tutto il cibo è consumato, le cellule entrano in uno stato di quiescenza; un’ultima fase di morte in cui i batteri iniziano a ridursi di numero e a morire.

In natura molti microorganismi alternano lunghi periodi di fame o stress a momenti di accesso al cibo. I batteri si sono adattati a questo tipo di alternanza e, quando c’è cibo, iniziano a crescere e riprodursi sfruttando al massimo il nutrimento; quando tutte le risorse sono state consumate, entrano in uno stato di quiescenza e riducono o quasi interrompono le loro capacità metaboliche in attesa di nuovo cibo.

Ci sono molti studi che analizzano le curve di crescita ma, tradizionalmente, lo fanno a livello di popolazione. Con la mother machine possiamo studiare la curva di crescita a livello di singola cellula, come se avessimo una lente di ingrandimento all’interno della popolazione. E questo è utile per capire come mai uno stesso batterio si comporta in maniera diversa in un ambiente più o meno omogeneo (si parla di stocasticità) e cosa succede in situazioni di stress (variazioni di pH, pressione osmotica, temperatura, assenza di cibo, presenza di antibiotici).

Che influenza hanno questi stress sulla curva di crescita?

Si è visto che, nel passare dalla fase esponenziale a quella stazionaria, la dimensione dei batteri si riduce tantissimo, a volte addirittura di 15 volte.

Per capire il perché abbiamo cambiato la lunghezza della fase stazionaria, tenendo le cellule in quiescenza per 8 ore, un giorno, 3 giorni e una settimana. Poi abbiamo re-introdotto il nutrimento e osservato al microscopio il tasso di crescita delle cellule e l’attivazione di una proteina legata allo stress.

Abbiamo visto che le cellule più grandi erano le prime a svegliarsi mentre le più piccole rimanevano quiescenti anche dopo un’intera giornata di nutrimento molto ricco. In effetti è sensato dato che una cellula grande può avere più risorse per risvegliarsi rispetto alle cellule più piccole. Ma allora perché queste ultime esistono?
Abbiamo messo a punto ulteriori test, aggiungendo un fattore di stress cioè la presenza di un antibiotico.

Un fenomeno molto studiato negli ultimi anni è quello della persistenza batterica, uno stato che conferisce un’estrema tolleranza ai trattamenti antibiotici ma che non è legato a un cambiamento genetico. Una cellula persistente ha lo stesso genoma di tutte le altre cellule della comunità ma ha il vantaggio che, almeno per un periodo della sua esistenza, è in grado di resistere agli antibiotici. Questo, associato al fatto che le cellule persistenti sono fenomeni estremamente rari (circa una cellula ogni 100 mila per generazione) rende tutto il meccanismo molto difficile da studiare.

C’è qualche relazione tra la persistenza e le dimensioni della cellula?

Per studiare questi fenomeni così rari abbiamo implementato la capacità della mother machine da 300-1000 batteri a 100 mila.

Abbiamo visto che tutte le cellule più grandi in fase stazionaria, che si risvegliano immediatamente con il nuovo nutrimento, sono quelle che vengono uccise subito dall’antibiotico. Mentre una piccola sotto-popolazione di cellule più piccole, che rimangono quiescenti durante la somministrazione di antibiotico, nelle 24 ore successive cominciano a crescere normalmente. Più tempo vengono mantenute in fase stazionaria meno rimangono vitali e meno sono capaci di ricominciare a crescere.

Ciò potrebbe avere interessanti risvolti nello studio dell’antibiotico-resistenza, ma anche nello sviluppo di nuovi farmaci e nell’individuare i tempi di somministrazione più efficaci.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Usare il nostro set up per unire due tipi di batteri diversi, cercando di metterli in comunicazione tra loro e osservando se c’è interazione, competizione o coabitazione.
Si può anche pensare di studiare interazioni tra cellule diverse, come batteri, lieviti, cellule eucariotiche.

Infine, vorrei iniziare a studiare condizioni di stress diverse, non solo quelle legate al nutrimento e agli antibiotici ma magari anche pH o temperatura.


Leggi anche: Prevedere le dinamiche globali di un organo dalle interazioni locali tra le cellule

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine di copertina: Pixabay

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.