CRONACASPECIALI

Perchè non “Bosone di Englert”?

553px-Standard_Model_of_Elementary_Particles_it.svgSPECIALE OTTOBRE – “Per la scoperta teorica di un meccanismo che contribuisce alla nostra comprensione dell’origine della massa di particelle subatomiche” si legge nelle motivazioni dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze, che ha conferito il Premio Nobel per la Fisica 2013 a François Englert insieme a Peter Higgs. Dal 4 luglio 2012, data in cui il CERN di Ginevra ha annunciato di aver raccolto finalmente delle prove circa l’effettiva esistenza dell’agognato bosone, nella comunità scientifica ha cominciato a circolare il nome di Higgs fra i prossimi premi Nobel. Tuttavia, dato che il prezioso riconoscimento è stato assegnato sì a Higgs, ma anche e parimenti a Englert, viene da chiedersi perché la giovane particella è passata alle cronache con il solo nome di Higgs. In altre parole, qual è stato il contributo di Englert nella scoperta (se di scoperta si può parlare) del tanto atteso bosone?

François Englert, fisico teorico belga – nato nell’“annus mirabilis” 1932 –  non sale certo ora nell’empireo dei riconoscimenti scientifici. Oltre al Nobel, dal 1978 ha collezionato ben sei tra i più prestigiosi premi a livello mondiale, tra cui il premio per l’alta energia e le particelle della European Physical Society (EPS) nel 1997 e nel 2004 il Premio Wolf per la fisica insieme a Robert Brout, scomparso nel 2011. Quest’ultimo riconoscimento è stato ottenuto da Englert proprio grazie ad alcuni suoi studi riguardanti la generazione dei bosoni di Gauge – la categoria di particelle che include ad esempio anche i fotoni – e che giocano il ruolo di mediatori tra le quattro interazioni fisiche ritenute fondamentali: le interazioni cosiddette forte e debole, la forza elettromagnetica e quella gravitazionale.

Nel 1964, lavorando insieme a Brout su un’idea di Philip Anderson (che sarà poi Nobel per la fisica nel 1977), Englert codificò il meccanismo – che poi prenderà il nome di Meccanismo di Higgs – che conferisce la massa ai bosoni di Gauge. Contemporaneamente in Scozia anche Peter Higgs stava lavorando alla stessa teoria, ma a differenza di quella di Englert e Brout, la pubblicazione di Higgs citava esplicitamente la possibilità dell’esistenza di un nuovo tipo di bosone. Quello che ha fatto sì che l’Accademia svedese conferisse il Nobel anche a Englert sebbene la particella porti il nome unicamente del collega britannico, non risiede dunque nell’aver previsto l’esistenza effettiva del bosone, quanto piuttosto nell’aver individuato indipendentemente da Higgs il meccanismo di conferimento della massa alle particelle subatomiche.

Crediti immagine: Standard Model of Elementary Particles, MissMJ, Wikimedia Commons

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.