SCOPERTE

L’eco del Big Bang #2

NGC_4414_(NASA-med)SCOPERTE – Se, negli ultimi decenni, le scienze della vita hanno decisamente preso il sopravvento su quelle fisico-matematiche in termini di finanziamenti, dibattiti accademici e attenzione mediatica, c’è da dire che la fisica, negli ultimi due anni, si è presa un bel po’ di rivincite. Prima con la scoperta del bosone di Higgs, poi con la conferma del modello inflazionario dell’universo. È infatti di lunedì la notizia che il telescopio Bicep2, installato tra i ghiacci antartici, avrebbe trovato prove dirette dell’esistenza delle onde gravitazionali, aprendo al mondo una finestra temporale sulle prime fasi del Big Bang. Ieri, riportando l’annuncio, vi avevamo promesso un aggiornamento.

Cerchiamo quindi di capire cos’abbia fatto di tanto eclatante Bicep2, da finire perfino sulle pagine dei maggiori quotidiani italiani, che notoriamente dedicano alla scienza uno spazio infimo.

In primo luogo, sembra aver fornito la prima prova diretta dell’esistenza delle onde gravitazionali, già confermata, ma indirettamente, nel 1974 dai futuri Nobel, Russell Hulse e Joseph Taylor. Bicep2 però ha fatto anche altro: ha confermato che, dopo il Big Bang, l’universo ha attraversato una fase di rapidissima espansione, come formulato nel 1980 dal fisico teorico Alan Guth.

La reazione entusiasta della comunità degli astrofisici è quindi pienamente giustificata, ed è soltanto in parte mitigata dalla cautela, d’obbligo in queste occasioni, espressa sui dati. Questi ultimi mostrano in effetti caratteristiche insolite, che potrebbero essere in conflitto con osservazioni precedenti, e in ultima analisi richiedere modelli dell’espansione iniziale dell’universo ancora più complicati di quelli attuali.

Come accaduto nella storia a molte idee scientifiche, quando il modello di inflazione cosmica fu formulato da Guth, fu accolto con scetticismo. Secondo il fisico statunitense, nelle primissime frazioni di secondo dopo il Big Bang, l’universo primordiale si sarebbe espanso molto più rapidamente di quanto abbia fatto dopo, aumentando enormemente la sua massa. Le prove che il modello non fosse poi tanto peregrino hanno cominciato a venire fuori negli anni Novanta, quando gli astrofisici sono riusciti a misurare l’energia luminosa rilasciata dopo il Big Bang. Questa luce continua ad arrivare a noi dalle zone estreme dell’universo osservabile, e nel suo tragitto verso la Terra, si ‘stira’, diminuendo in frequenza e diventando radiazione a microonde.

Da allora, si è scoperto che questa radiazione a microonde è caratterizzata da piccole variazioni di temperatura in diversi punti dell’universo, che indicano regioni ad alta e bassa densità di materia. L’inflazione ha permesso che queste variazioni di densità si trasformassero in strutture simili a galassie o in immensi spazi vuoti. E qui entra in gioco la gravità. Secondo la teoria della relatività generale di Einstein, quando un corpo dotato di massa accelera crea onde gravitazionali, che sono come increspature dello spaziotempo, e che sono così piccole da non essere state osservate direttamente fino a oggi.

Ma l’inflazione dell’universo primordiale, e il suo raffreddamento, avrebbe amplificato le onde, al punto che ne è rimasta un’impronta nella radiazione cosmica di fondo. Per scoprire questa impronta, i responsabili dell’esperimento hanno studiato la polarizzazione della radiazione di fondo, arrivando a trovare un segnale che permette di escludere alcune ipotesi alternative all’inflazione. “È stato come cercare un ago in un pagliaio”, ha affermato Chao-Lin-Kuo, fisico della Stanford University, e condirettore del progetto. Le onde rilevate risalirebbero ai primissimi istanti successivi al Big Bang.

Il gruppo di Bicep2 non è l’unico a lavorare al rilevamento di onde gravitazionali: in Italia, se ne occupa l’esperimento Virgo, in cui l’Istituto nazionale di fisica nucleare gioca un ruolo fondamentale, insieme al Cnrs – l’omologo francese del Cnr. Anche dall’altro lato dell’Atlantico, negli Stati Uniti, l’esperimento Ligo cerca di osservare le onde prodotte da corpi come supernove e stelle doppie. Proprio questi due esperimenti saranno fondamentali nella conferma dei dati ottenuti da Bicep2. Resta, per il momento, l’emozione di essere di fronte a una scoperta cosmologica epocale.

Crediti immagine: NASA, WIkimedia Commons

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