WHAAAT?

Vedere il volto di Gesù sui toast è perfettamente normale

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WHAAAT? Il venerdì casual della scienza- Si chiama pareidolia, ed è un fenomeno psicologico che ci porta a vedere forme conosciute in oggetti la cui forma (naturale o artificiale) è in realtà del tutto casuale. Se state già pensando al coniglio lunare, che ha dato il nome al rover cinese arrivato sulla Luna a metà dicembre scorso, la risposta è sì: parliamo proprio di questo. Ma anche del volto su Marte, della forma delle nuvole -che incredibilmente somigliano sempre a qualche strano animale- e del backmasking, ovvero la tecnica che prevede l’inserimento di messaggi nascosti nelle registrazioni audio, riconoscibili solamente riproducendole al contrario. Gli Slayer e i Beatles, dicono, ne sanno qualcosa.

In un recente studio pubblicato su Cortex, un team di scienziati si è concentrato sulla pareidolia che riguarda i visi, come le apparizioni di Gesù o di Maria (ma anche di Elvis) sul cibo, sui sudari, su Google Earth (dove capita di vedere un po’ di tutto). Secondo loro è normale e si tratta di un fenomeno basato su precise cause fisiche. Un po’ come quando a Singapore si sono convinti che una divinità scimmia avesse fatto la propria apparizione tra le nodosità di un albero, il cosiddetto Monkey Tree Phenomenon.

“Molti ritengono che gli individui che hanno simili apparizioni abbiano problemi mentali, e li ridicolizzano”, spiega Kang Lee dell’Università di Toronto, tra gli autori dello studio. “I nostri risultati, invece, suggeriscono che vedere forme in realtà inesistenti sia qualcosa di molto comune tra le persone, perché il cervello umano è programmato in modo univoco proprio per il riconoscimento dei volti. Questo fa sì che di fronte a qualcosa che suggerisca, anche lontanamente, un viso, il cervello lo interpreti e riconosca automaticamente come tale”.

Il fenomeno è noto da secoli, ma per quanto riguarda i meccanismi neurali che lo provocano sapevamo ancora poco. La nuova ricerca ha finalmente cercato di svelarli, studiando le scansioni cerebrali e le risposte comportamentali di un gruppo di persone impegnate in un task di riconoscimento di diversi volti e modelli di immagini. Si sono resi conto che la pareidolia non è affatto dovuta a un’anomalia cerebrale (o alla pura immaginazione) bensì all’attività della corteccia frontale. Questa partecipa infatti alla generazione delle aspettative negli individui, inviando poi segnali alla corteccia visiva posteriore per interpretare nel miglior modo possibile tutti gli stimoli che arrivano dall’esterno.

Gli scienziati hanno anche scoperto che le persone possono essere facilmente influenzate e portate a vedere diverse immagini (come volti e parole) a seconda di quello che si aspettano di vedere. L’aspettativa attiva infatti specifiche parti del cervello che elaborano, di conseguenza, le immagini più adeguate. Un’apparizione di Gesù nel vostro cibo/ tra i campi/ da Ikea è dunque una normale conseguenza del corretto funzionamento del vostro cervello, dimostrazione del ruolo che la corteccia frontale gioca nella percezione visiva. Possiamo dire che non si tratta tanto dell’abusato “vedere per credere”, quanto di “credere per vedere”.

Siccome il riconoscimento facciale è di gran tendenza questa settimana, segnalo anche un altro studio al riguardo uscito su Psychonomic Bulletin & Review. Secondo gli scienziati, anche in questo caso concentrati sui volti famosi (non più Gesù ma Bill Clinton e Mick Jagger), la capacità del nostro cervello nel riconoscimento dei visi è limitata, specialmente in mezzo alla folla. A prescindere dalla fama delle persone in questione, infatti, secondo la nuova ricerca non siamo in grado di riconoscere che pochi volti alla volta. Indicativamente due. Se nel caos di un concerto doveste dunque imbattervi in Tony Blair, Rihanna, Miley Cyrus e Obama tutti insieme, il vostro cervello vi permetterà di riconoscerne velocemente solo due.

Crediti immagini: Marshall Astor, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".