SCOPERTE

Con Atrogin-1 il cuore è più pulito

Leonardo_da_vinci,_Heart_and_its_Blood_VesselsSCOPERTE – Anche il cuore ha i propri netturbini e uno di questi si chiama  Atrogin–1, una proteina che permette  di eliminare le sostanze tossiche nelle cellule cardiache, aiutando a ridurre il rischio di patologie cardiovascolari. In particolare, si è scoperto che la carenza di questa proteina in modelli animali è fortemente correlata con una precisa malattia del cuore, la cardiomiopatia ipertrofica di tipo restrittivo, cioè un ispessimento delle pareti cardiache. La scoperta è stata annunciata da un team di ricercatori dell’Università di Padova, che da tre anni a questa parte sta studiando proprio questa proteina su modelli animali, ed è stata pubblicata sul Journal of Clinical Investigation. Ne abbiamo parlato con Tania Zaglia del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’ateneo patavino e primo autore dello studio. 

“Era da tempo che avevamo cominciato a studiare Atrogin-1 – spiega la Zaglia – grazie alla collaborazione tra i laboratori di Marco Mongillo, presso cui lavoro, e quello del Prof. Marco Sandri del Venetian Institute of Molecular Medicine. Durante lo studio abbiamo collaborato anche con il Max Planck Institute e l’Istituto Humanitas di Milano. Siamo partiti dall’osservazione del fenotipo della patologia cardiaca, per porci poi la domanda sul perché ciò avvenisse, quali fossero le vie molecolari responsabili dell’insorgergenza della malattia.” Quello che i ricercatori hanno scoperto attraverso gli esperimenti sul modello animale è che proprio la mancanza di questa proteina fa sì che si disattivino i meccanismi di smaltimento delle sostanze nocive nelle cellule cardiache, provocandone l’accumulo, che a lungo andare causava la patologia. Le pareti dei ventricoli, e in particolare di quello sinistro infatti diventano più spesse, impedendo il normale flusso di sangue e dando origine a pericolose aritmie, che purtroppo spesso si rivelano fatali per i pazienti.

“Siamo partiti dallo studio del fenomeno cardiaco e ci siamo posti la domanda circa il perché ciò avvenisse, quali fossero cioè le vie molecolari che portavano all’insorgere della malattia e abbiamo scoperto che proprio Atrogin-1 funge da ‘spazzino’ per le cellule del cuore: riconosce le proteine danneggiate e le rimuove” spiega la Zaglia. I meccanismi di rimozione dei ‘rifuiti’ dalle cellule sono due: il proteasoma, che è in grado di eliminare le proteine danneggiate, perciò strutture piccole, e l’autofagia, che agisce come netturbino eliminando strutture più grandi, come gli organelli, per esempio i mitocondri. È come il nostro sistema di smaltimento dei rifiuti cittadino– spiega la dottoressa – c’è il flusso quotidiano, il nostro ‘umido’ con il camioncino che sacco dopo sacco ce lo porta via, e poi ci sono i grandi rifiuti per cui abbiamo bisogno dell’ecocentro.”

Sebbene Atrogin-1 appartenga al primo gruppo, ha un ruolo anche nel regolare il secondo sistema, l’autofagia. “Una seconda scoperta che abbiamo fatto studiando Atrogin-1 – prosegue la Zaglia – è che i due sistemi di pulizia delle cellule cardiache, fino a oggi considerati indipendenti l’uno dall’altro, sono correlati, interagiscono fra di loro: il corretto funzionamento del proteasoma è essenziale per l’autofagia. L’accumulo progressivo dei piccoli rifiuti nelle cellule cardiache, quando il proteasoma è disfunzionanate, porterà l’autofagia ad un iniziale sovraccarico di lavoro e, nel tempo, ad un blocco nel suo funzionamento. Come conseguenza le cellule cardiache diventano all’inizio malfunzionanti e successivamente vanno incontro a morte, eventi che nel tempo portano all’insorgenza della patologia cardiaca osservata.”

Anche dal punto di vista terapeutico, questi risultati portano con sé interessanti riscontri pratici. “Uno di questi è il ruolo essenziale dell’esercizio fisico nel potenziamento dei sistemi di ‘pulizia’ della cellula, spiega la Zaglia. “Studi preliminari suggeriscono che l’esercizio fisico moderato, che per noi è la passeggiata di 1-2 chilometri al giorno, potenzi la funzionalità dell’autofagia. Valuteremo se l’esercizio effettivamente possa contribuire a ritardare la comparsa della patologia, o ridurne la gravità, nei modelli animali che abbiamo studiato.”

Un secondo riscontro dal punto di vista pratico è dato dalle “chaperonine”, sostanze farmacologiche, in fase di sperimentazione, che aiutano le proteine a ripiegarsi nella maniera corretta, e di cui il gruppo di ricercatori di cui fa parte la Zaglia sta studiando gli effetti fenotipici, sul modello animale. 

Infine, ma non da ultimo l’impatto terapeutico di questa scoperta riguardo ai farmaci anti-tumorali, in particolare in pazienti affetti da mieloma multiplo, la cui terapia prevede l’uso di un farmaco che, blocca il proteasoma, cioè la struttura a valle di Atrogin-1. “Il farmaco è importantissimo per questi pazienti durante la chemioterapia – precisa la Zaglia – ma va comunque rilevato che il farmaco, inibendo il proteasoma, e quindi il meccanismo di pulizia delle cellule cardiache, potrebbe portare il paziente a rischio di sviluppare patologie cardiache. I nostri dati suggeriscono quindi che le terapia contro il cancro, potranno essere combinate con strategie per mantenere Atrogin-1 più funzionale ed impedire l’aggregazione di sostanze nocive nella cellula, evitando danni cardiaci da accumulo”.

Immagine: Leonardo da Vinci, Wikimedia Commons

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.