RICERCA – I figli primogeniti sono più intelligenti e capaci degli altri? Può essere (lo vedremo poi), ma secondo un nuovo studio ISER di certo sono i più ambiziosi. In particolare modo le femmine. Maggiore la differenza di età tra fratelli e sorelle, maggiore la possibilità che i più anziani ottengano risultati scolastici e qualificazioni migliori.
Il progetto Siblings Configuration, Educational Aspiration and Attainment ha preso in considerazione 1503 gruppi di fratelli e sorelle per un totale di 3.532 individui, selezionati tra i partecipanti agli studi British Household Panel Study e Understanding Society. I ricercatori hanno scoperto che la “superiorità” dei primogeniti, che si concretizza spesso in buoni risultati scolastici, si spiega con una maggiore ambizione che li spinge a cercare di fare sempre meglio. Inserendo nell’indagine anche il livello di istruzione dei genitori -e la loro corrente attività professionale-, i ricercatori hanno scoperto che i figli maschi più vecchi hanno il 7% in più di probabilità di ottenere voti e risultati ragguardevoli rispetto ai secondogeniti, nonché di proseguire gli studi fino a livelli avanzati. Per quanto riguarda le femmine, l’aumento è ancora più evidente e arriva fino al 13%. Per non trascurare elementi esterni -ma importanti- gli scienziati hanno tenuto in considerazione anche le dimensioni del nucleo familiare, confermando che i risultati rimangono gli stessi sia nelle famiglie con molti figli che in quelle più piccole.
Maggiore il gap d’età tra due fratelli (o sorelle), maggiore la differenza tra i loro risultati scolastici. Come commenta Feifei Bu, principale autrice dello studio “diversi livelli di educazione non esistono solamente tra una famiglia e l’altra, ma anche all’interno della stessa famiglia. È interessante scoprire che i primogeniti tendono a essere avvantaggiati nei loro risultati, persino ora che nella società moderna i genitori trattano tutti i figli in maniera egualitaria”. Si tratta dunque di una differenza che non scaturisce dall’ordine di nascita, quanto da un fattore sociale: secondo un altro studio -del 2007, pubblicato su Science, i primogeniti hanno un QI sensibilmente maggiore rispetto agli altri figli (2,3 punti più del secondogenito, che a sua volta ha risultati migliori del terzogenito).
Il QI dei primogeniti è più alto. Perchè?
Traducendo il punteggio del test per misurare il quoziente intellettivo in una graduatoria universitaria, spiega Frank Sulloway dell’Università di Berkeley, parliamo di qualcosa come 30 punti di differenza tra un figlio e l’altro: una disparità che può determinare l’accesso a un’università prestigiosa piuttosto che a una di second’ordine. Il campione d’indagine in questo studio era di 250.000 persone, si trattava però unicamente di maschi, scelti da un gruppo di reclute dell’esercito. Il motivo della differenza di QI? Secondo Sulloway è la conseguenza di molteplici fattori, che spaziano dalle risorse investite dai genitori nella crescita dei figli (maggiori nel caso del primogenito) al fatto che i figli più grandi devono spesso assumere il connotato di figure paterne o materne, aiutando i fratelli e le sorelle più piccole e ricoprendo così un precoce ruolo di responsabilità. Da un’altra ricerca pubblicata su Intelligence, sempre nel 2007, arriva una seconda conferma per quanto riguarda il QI: da uno studio su un campione di 600 famiglie con almeno quattro figli è emersa la differenza di quoziente intellettivo tra il primogenito e il quartogenito: in media 2,9 punti.
Sorelle maggiori: ambiziosi modelli da seguire
Se il nuovo studio attribuisce alle sorelle maggiori migliori risultati scolastici e ambizione, un’altra ricerca recente (pubblicata su Family Relations) ne ha invece sottolineato l’importanza per le sorelle più piccole durante l’adolescenza. In questo periodo possono infatti assumere il ruolo di fidate confidenti, mentori e figure di supporto, durante un momento delicato dello sviluppo nel quale un appoggio vicino e maturo è assolutamente prezioso. Le tematiche più sensibili affrontate con le sorelle maggiori sono, secondo lo studio, quelle che riguardano la sessualità e le relazioni, nelle quali diventano dei veri e propri modelli da seguire: proprio per questo motivo, secondo la leader dello studio Sarah Killoren dell’Università del Missouri, bisognerebbe includerle come parte attiva dei programmi di educazione sentimentale, sessuale e alla famiglia. Le sorelle più giovani sono molto propense a “imparare” dalle esperienze negative di quelle più grandi: una simile consapevolezza potrebbe rivelarsi preziosa quando si tratta di affrontare le tematiche più delicate, anche perché, come spiega Killoren, “spesso le sorelle condividono punti di vista simili riguardo alle relazioni e alla sessualità, essendo cresciute nella stessa casa”.
Bullismo sotto il tetto di casa
Un’altra nota positiva per le sorelle maggiori si inserisce nel difficile dibattito che circonda il bullismo, realtà che siamo abituati ad associare all’ambiente scolastico ma, alle volte, trova spazio anche tra le mura domestiche. Secondo uno studio italiano del 2011 pubblicato sul British Journal of Developmental Psychology, i fratelli maggiori sottopongono quelli minori a comportamenti vessatori più spesso di quanto facciano le sorelle.
Lo scopo della ricerca, svolta presso l’Università di Firenze, era quello di investigare le implicazioni di genere, personalità, qualità dei rapporti familiari e ordine di nascita nul bullismo tra fratelli. Lo studio ha previsto la compilazione di un questionario, coinvolgendo 195 bambini tra i 10 e i 12 anni con fratelli o sorelle non più grandi di quattro anni di età. Le domande hanno cercato di chiarire, in primis, se i bambini erano mai stati vittime di bullismo o se erano stati bulli loro stessi, ai danni dei fratelli o delle sorelle (o dei compagni di scuola).
Ne è emerso che molti dei bambini con fratelli più grandi avevano subito angherie domestiche, fenomeno molto meno frequente quando invece avevano sorelle maggiori, con le quali i conflitti domestici si verificavano non in funzione dell’età quanto della qualità vera e propria della relazione: simpatia, confidenza, intimità erano le discriminanti alla base di un buon rapporto sotto lo stesso tetto, senza che intervenissero fattori come il desiderio di dominanza e di stabilire una sorta di gerarchia domestica. Questa, secondo il team di scienziati guidati da Ersilia Menesini, è una prerogativa dei fratelli maggiori.
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