SPECIALE AGOSTO – Cosa pensano gli italiani dei droni? Secondo un’indagine demoscopica dalla Doxa per conto di DronItaly solo il 40% degli
italiani sa cosa sia un drone. Forse ne hanno sentito parlare soprattutto nei servizi al telegiornale che descrivono i conflitti in atto, e non sembrano entusiasti del loro utilizzo per questo scopo.
In realtà più della metà degli intervistati dall’indagine ENAC è consapevole del fatto che i droni siano usati anche per altri scopi: il 51% risponde ad esempio che la protezione civile si serve di questi veicoli; il 43% pensa siano usati per controllare il traffico; per il 40% servono a sorvegliare le frontiere; meno rilevanti sono gli impieghi in agricoltura, per il trasporto merci e per il tempo libero.
Malgrado la scarsa conoscenza di questi mezzi aerei, terrestri oppure navali comandati a distanza e capaci di muoversi senza un pilota a bordo, il mercato dei droni in Europa raggiungerà i 15miliardi di euro entro i prossimi dieci anni. E anche in Italia le attività che ruotano attorno al settore sono in costante crescita. Lo dimostra un’iniziativa che si è tenuta per la prima volta proprio quest’anno, la “Roma Drone Expo&Show”. Inoltre lo dicono anche i numeri: in ASSORPAS, l’associazione italiana che aggrega le imprese operanti nel settore dei piccoli velivoli a pilotaggio remoto, si contano più di 300 aziende associate. Mentre l’ENAC stima che i nostri cieli siano attraversati ogni giorno da 400 aeromobili a pilotaggio remoto, col compito di effettuare riprese e fotografie aeree, monitorare impianti, dighe, reti elettriche o aree a rischio. Proprio per approfondire gli utilizzi professionali dei droni, le normative e gli sviluppi futuri del settore, il 24-25 ottobre prossimi si terrà a Milano Dronitaly, un convegno dedicato alla filiera dei droni ad uso civile. La manifestazione professionale nasce dalla collaborazione tra Dronitaly e tutti i soggetti coinvolti: Enac, Enav, enti-consigli
professionali, Fondazione 8 ottobre 2001 e tante aziende-operatori che verranno che fanno parte della filiera.
I droni e la scienza
Tuttavia la funzione dei droni va aldilà della sicurezza e del controllo del territorio. Tali strumenti infatti sono già utilizzati anche al servizio della scienza. Ne è un esempio un’organizzazione che vuole diffondere la cultura dei droni per sfruttarla nell’ambito della conservazione delle specie, soprattutto nelle zone in via di sviluppo. Conservation Drones raccoglie numerosi esempi di applicazione in campo bio-ecologico, dei veicoli aerei privi di pilota. Dopo aver speso 250.000$ a inseguire gli orangotango a Sumatra, due ricercatori inglesi hanno deciso di introdurre i droni per le loro attività di monitoraggio. Con poco più di 2000$ hanno realizzato un drone capace di volare in autonomia su traiettorie guidate da segnali GPS.
Dalla vegetazione, agli animali in via di estinzione o braccati da cacciatori, fino al mare: è su questi terreni che si si muovono i droni seguiti dal gruppo di scienziati.
Scozia, Australia, Nepal, Panama ecco alcune delle regioni toccate dal team di Conservation Drone. E l’Italia? Anche l’Italia, mossa dalla necessità di controllare le aree e le specie protette del proprio paese a un costo sostenibile, ha esempi di utilizzo dei droni.
Un drone particolare è stato progettato e costruito presso il Laboratorio di Sistemi e Tecnologie Marine (LA.SI.TEC.MA.) del Dipartimento DEIM dell’Università di Palermo, dal gruppo guidato da Francesco Maria Raimondi con Paola Gianguzza, del dipartimento DiSTEM, per la parte di biologia marina. Adatto all’ambiente marino, il drone palermitano è un veicolo acquatico/marino che non procede solo planando sulla superficie dell’acqua, ma ha la particolarità sperimentale di immergersi fino a due-cinque metri di profondità consentendo un’osservazione più ravvicinata delle specie marine. Il controllo da terra è possibile fino a 22 Km di distanza dalla costa, ma il mezzo può spingersi anche oltre la portata ottica limitata dalla curvatura della terra grazie ai mezzi di comunicazione satellitare.
Inserito nella Strategia Regionale dell’Innovazione 2014-2020, il drone è stato brevettato e tra le applicazioni possibili è anche previsto la raccolta di informazioni in tempo reale su densità, struttura di popolazione, comportamento, habitat selezionati di alcune specie presenti nei mari siciliani. Come ha sottolineato Raimondi “il drone è in grado di seguire le rotte dei banchi di pesce e le specie monitorate, opportunamente “taggate” acusticamente, anche oltre i confini delle acque territoriali. Inoltre, considerato il pescaggio di soli 17 cm, può spingersi anche in zone che sarebbero poco accessibili alle barche da ricerca, ed è in grado di decidere autonomamente percorsi alternativi in caso di condizioni meteorologiche avverse o di seguire reticoli marini preprogrammati”.
Il veicolo mantiene sotto osservazione le specie marine anche mediante telecamere e strumenti di identificazione acustica montati a bordo. “Il drone costruito permette di monitorare le specie nel loro habitat naturale, senza disturbare i pesci o alterarne il comportamento”, ha continuato Raimondi. Infatti il veicolo marino non produce emissioni nocive né rumori: ha una propulsione elettrica, alimentata da celle fotovoltaiche e, oggetto di sperimentazione, da fuel cells.
Ma il progetto dell’Università siciliana non si limita alla conservazione della biodiversità, ma pensa anche alle ricadute economiche e culturali. Usare strumenti come il drone marino assicura anche tracciabilità del pescato e quindi il soddisfacimento dei quei requisiti di elevata qualità che consentono il riconoscimento della denominazione di origine protetta (dop).
Il prototipo palermitano potrebbe anche essere utile per avvicinare le persone comuni agli ambienti marini meno accessibili. “In sperimentazione la possibilità di dotare il drone di un mini Remote Operated Vehicle, cioè di un mezzo filo-guidato dal drone capace di separarsi da esso per scendere fino a 50-100 metri di profondità”, ha spiegato l’ing Raimondi. “ Basterebbe creare un sito citizen-friend, per rendere fruibili a tutti le meraviglie che il mare racchiude, ma anche per assicurare monitoraggio e controllo nell’ambito ad esempio dei beni culturali sommersi e per la fruizione real-time dei percorsi archeologici subacquei”.
Nelle foto seguenti sono riportati i modello 3D del drone e il successivo prototipo costruito sulla base del modello 3D stesso.
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Crediti immagine: Laboratorio di Sistemi e Tecnologie Marine, Università di Palermo