SCOPERTE – Io so che tu sai che io so che tu sai che io so.
Non soltanto il controspionaggio: sono molte le interazioni umane per cui abbiamo bisogno di prevedere come il comportamento degli altri potrà essere modificato dal modo in cui agiamo. O meglio, da come la nostra controparte crede che agiremo. Lo sa bene un giocatore di poker o un investitore finanziario, ma anche un portiere di fronte a un’azione banale come un rigore passerà rapidamente per questa serie di supposizioni concatenate per prevedere la traiettoria del pallone.
La capacità di compiere ragionamenti strategici sofisticati di questo tipo, si direbbe, non è un gioco da bambini. O forse sì, secondo i risultati di una ricerca pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences.
È già intorno ai sette anni, sostengono gli autori della ricerca, che si sviluppa nei bambini l’abilità di prevedere i comportamenti degli altri e di mettere in atto una strategia appropriata.
Ma in cosa consiste esattamente questa capacità? Secondo i ricercatori della University of Minnesota che hanno condotto lo studio, per compiere questo ragionamento strategico dobbiamo combinare due abilità.
Alla base c’è la teoria della mente, cioè la capacità di attribuire stati mentali alle altre persone. In altre parole, di capire che l’individuo davanti a noi non è un sasso, ma ha pensieri, convinzioni, emozioni e conoscenze diverse dalle nostre. Nei primi anni di età, un bambino non possiede questa abilità, e tipicamente è convinto che gli altri condividano le sue stesse conoscenze. Vi sarà capitato di vedere un bambino che si nasconde dietro a una tenda che ne copre soltanto il viso, lasciando in bella evidenza il resto del corpo: lo fa perché è convinto che se lui non può vedervi, anche voi non possiate farlo. La teoria della mente, secondo diverse ricerche, si svilupperebbe attorno ai tre-quattro anni.
Il secondo requisito del ragionamento strategico studiato nella ricerca è chiamato pensiero ricorsivo, cioè la capacità di usare l’esito di uno stadio del processo di ragionamento come parte di partenza dello stadio successivo. Non solo quindi attribuire a un’altra persona pensieri e intenzioni, ma essere consapevoli del fatto che questa a sua volta attribuisce pensieri e intenzioni a noi.
Proprio la combinazione di queste due facoltà è stato l’oggetto dello studio: è questa, secondo gli autori, che ci permette di ragionare in modo strategico in alcune situazioni per ottenere un risultato migliore.
E questo modo di ragionare sarebbe presente già a sette anni di età, secondo i risultati della ricerca.
Lo studio ha coinvolto bambini tra i tre e i nove anni, che hanno partecipato a due diversi giochi: in entrambi i casi, i bambini dovevano interagire ripetutamente con un avversario e scegliere quale azione fare tenendo in considerazione la possibile reazione dell’opponente. In alcuni casi era necessario ingannare l’avversario per poter vincere il turno, e sapere che a sua volta l’avversario avrebbe cercato di ingannare. D’altra parte, comportarsi onestamente di tanto in tanto avrebbe spiazzato ancora di più il compagno di gioco, rendendo meno prevedibili i propri comportamenti.
I ricercatori hanno quindi analizzato le mosse dei bambini, per verificare se la strategia cambiasse con l’età. Come previsto, i giocatori più giovani hanno dimostrato di non saper applicare un tipo di ragionamento complesso: durante il gioco non erano in grado di mentire o di capire che l’avversario potesse farlo. Ma già attorno ai sette anni di età i comportamenti di gioco sono cambiati, e le scelte sembravano seguire il ragionamento strategico tipico dell’età più adulta.
«I bambini dimostrano di avere un livello sofisticato di ragionamento strategico a un’età sorprendentemente bassa», commentano gli autori dello studio, «e sembrano capaci di pensare alle interazioni tenendo in considerazione il futuro».
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