CRONACA – La notizia era arrivata il 22 ottobre 2012: sei anni di reclusione per omicidio colposo e pagamento di milioni di risarcimento ai sette imputati del processo contro i partecipanti della Commissione Grandi Rischi. Il primo grado del processo dell’Aquila si concludeva così, e a quasi due anni da quella sentenza si è aperto lo scorso 10 ottobre il processo di Appello.
Nella Corte di Appello dell’Aquila sono quindi rimesse in discussione le responsabilità di chi ha partecipato alla riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009, a pochi giorni dal terremoto che ha colpito il capoluogo abruzzese, riunione convocata per discutere della situazione sismica della zona, sottoposta a uno sciame sismico nelle settimane precedenti.
Gli imputati, si diceva, sono sette: Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi rischi, Bernardo De Bernardinis, vicecapo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione civile, Enzo Boschi, allora presidente dell’INGV, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto CASE, Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova, Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile e Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti dell’INGV.
La sentenza d’Appello è attesa per il 31 ottobre, a conclusione di un processo rapido che vedrà impegnati i venerdì e i sabati di questo mese.
L’accusa di omicidio colposo e lesioni per i sette imputati, ritenuti responsabili di aver causato con una scorretta valutazione e informazione la morte o il ferimento di 32 persone in occasione del terremoto del 6 aprile, aveva scatenato due anni fa un filone di polemiche. La prima reazione da parte di molti, soprattutto all’interno della comunità scientifica, fu di interpretare la sentenza come un “processo alla scienza”, condannata per non aver saputo fornire una previsione impossibile da fare.
È proprio contro questa visione che si è espresso lo scorso 10 ottobre il procuratore generale dell’Aquila Romolo Como, che ha tacciato di disinformazione i tentativi di far passare il procedimento giuridico come un processo alla scienza. ”La colpa non attiene al mancato allarme”, ha sostenuto al processo d’Appello il procuratore generale, “ma alla errata, inidonea, superficiale analisi del rischio e di una carente e forviante informazione che ha fatto mutare i comportamenti degli aquilani di attuare le tradizionali misure dopo scosse forti. La colpa generica è la negligenza e l’imprudenza nel fare quella valutazione”.
Oggi e domani sono previste le prossime udienze, vi terremo aggiornati sugli sviluppi del processo.
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Crediti immagine: Lisa Zillio