SALUTE

Psicologo o psicoterapeuta?

Cosa può fare uno, cosa l'altro e soprattutto in che tempi. E terapie troppo corte pare facciano acqua sul lungo termine

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SALUTE – Un percorso terapeutico efficace per risolvere i problemi che chiamiamo psicologici richiede tempi lunghi, e anche le terapie più brevi, come quella definita cognitivo-comportamentale, rivolta in particolare a curare i disturbi dell’ansia e dell’umore e che è considerata una delle più valide, sembrerebbero infatti non dimostrare un beneficio così duraturo sugli individui che vi si sottopongono. Se la terapia dura poco si sta bene nell’immediato, ma sui tempi più lunghi le sicurezze cominciano a vacillare. Ad affermarlo di recente Oliver James, uno dei più noti psicologi inglesi, in un articolo sull’edizione online del Daily Mail.

Un’affermazione di un certo peso, su una questione tutt’altro che semplice da valutare, quale è la scienza della mente. Abbiamo chiesto a Roberto Goisis, psicoanalista e socio ordinario della Società Psicoanalitica Italiana, di commentarci la notizia, per fare un po’ di chiarezza su quali sono i tempi della psicanalisi e della psicologia affinché l’intervento porti al soggetto un beneficio a lungo termine e non solo nell’immediato. Perché la persona che cerca aiuto sappia cosa cercare e per evitare brutte illusioni.

Se è troppo breve non è una terapia

“Parlare di tempi nel caso della psicanalisi non è facile – spiega Goisis – perché dipende dal problema che la persona deve risolvere. Inoltre negli ultimi anni abbiamo sviluppato quello che chiamiamo tailoring ovvero il costruire risposte terapeutiche su misura, anche dal punto di vista dei tempi. Non si è più così fiscali sul numero di incontri settimanali, si cerca di venire incontro alle esigenze e alle spesso scarse disponibilità anche economiche delle persone, ma di sicuro per avere risultati a lungo termine i tempi sono ben più lunghi di qualche mese.” Per una terapia psicoanalitica degna di questo nome infatti, non si scende solitamente al di sotto dei due anni. Il resto sono altre cose, sostanzialmente consulti psicologici preliminari alla terapia.

Lo psicologo non propone terapie, ma ascolto

“Sarà un’affermazione banale, ma è da qui che dobbiamo partire. Il primo aspetto da sottolineare è che deve essere chiaro alla persona che cerca un aiuto quali sono le figure a cui più rivolgersi e che cosa si deve aspettare da loro. In questo senso una cosa è lo psicologo e un’altra cosa lo psicoterapeuta. Il primo può solamente proporre all’individuo una cosiddetta consultazione, ovvero una serie di incontri, da tre a dieci per inquadrare il problema della persona, mentre lo psicoanalista può instaurare un rapporto terapeutico vero e proprio.”

In altre parole – precisa Goisis – lo psicologo ha un ruolo fondamentale, ma solamente nella fase iniziale, di indirizzo del soggetto, nell’ascoltarlo e nel capire dove deve lavorare, ma quella che propone non è e non può essere una terapia. Ovviamente anche uno psicoanalista può fare una consultazione (ci si può orientare facilmente qui), la differenza è che lo psicologo è laureato e abilitato da un esame di stato, lo psicoanalista in più ha alle spalle quattro anni di scuola di psicoterapia. “Spesso una persona che si trova in difficoltà si guarda intorno alla ricerca di uno psicologo, primo perché lo psicoterapeuta sembra una figura troppo specializzata, quasi ridondante, secondo, perché normalmente lo psicologo costa meno rispetto a uno psicoterapeuta. Tuttavia, altrettanto spesso chi cerca aiuto non sa che da uno psicologo potrà ottenere solo un consulto, che è fondamentale perché il soggetto maturi consapevolezza di sé e del suo problema, ma che non è un percorso”.

La consultazione è un primo passo. Altra cosa è la terapia

Se scegliamo di rivolgerci come prima cosa a uno psicologo dobbiamo quindi sapere che esso rappresenta un primo passo, la prima stazione. “In questa fase i tempi possono variare da tre fino anche a dieci incontri, a seconda delle ragioni che hanno spinto la persona a chiedere un aiuto” spiega Goisis.

Lo psicologo opera sostanzialmente con l’ascolto ed eventualmente, se necessario, utilizzando dei test diagnostici. Una volta circoscritto un primo punto di partenza propone la cosiddetta “restituzione” cioè espone alla persona il proprio punto di vista, per instaurare un dialogo su come affrontare una seconda fase, quella appunto della terapia. “Chiaramente qui entra in gioco la deontologia dello specialista – precisa Goisis – ma certamente uno psicologo non può curare un disagio severo. Ci sono dei casi in cui la persona vive una situazione difficile contingente, come la perdita di un lavoro, difficoltà economiche o anche solo un bisogno di comunicare con qualcuno disposto ad ascoltare, che possono essere risolte anche da uno psicologo, ma per problemi di altra rilevanza bisogna rivolgersi a un esperto in grado di cominciare un percorso terapeutico, che non può durare meno di due anni.

Se dura meno pare meno efficace

Una terapia che non prevede almeno due anni di incontri c’è, e si tratta proprio della terapia cognitivo-comportamentale, la stessa che viene citata da Oliver James su Daily Mail. Successi che parlano di percorsi che vanno da un mese fino anche a un anno per un totale al di massimo 20 sedute. “Anche nel caso di questa terapia non è facile valutare quali siano con esattezza i tempi ‘giusti’ per un intervento che sia definitivo, e ancor meno è semplice farlo con il metodo scientifico” spiega Goisis. “Tuttavia ci sono parecchi studi in corso in questo senso e, come rileva anche il collega inglese, pare che questi risultati mostrino negli adulti un beneficio sostanzialmente solo a breve termine.

La percezione di sentirsi meglio viene meno sul lungo periodo e ricompaiono le solite fragilità, proprio perché una cosa è curare la sintomatologia, un’altra modificare la struttura mentale di un individuo già formato. ” Anche qui insomma, dipende che cosa si sta chiedendo allo specialista: se superare una fase difficile o risolvere un problema alla radice. “Certamente queste sono questioni complesse, esattamente com’è complesso indagare il fondo della mente umana, e quindi difficili da riassumere in poche righe evitando banalizzazioni. Quello che è importante è però ribadire che sebbene non ci siano tempi fissi, deve essere chiaro a priori che cosa si sta cercando: se si vuole un consulto psicologico o se si vuole intraprendere un percorso terapeutico per risolvere un problema. Anche nel secondo i problemi si possono risolvere, ma bisogna avere decisamente più pazienza e impegnarsi per un periodo decisamente più lungo.”

@CristinaDaRold

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Crediti immagine: antonio prud’hommmmme, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.