Verso un farmaco contro le malattie dello sviluppo cerebrale
Due alterazioni geniche per due alterazioni in linguaggio e socialità: la scoperta dallo studio su autismo e sindrome di Williams
SALUTE – La disfunzione nell’attività di alcuni geni, legata al numero di copie di ciascun gene presente nelle cellule, è in grado di alterare fin da subito lo sviluppo del cervello, del cuore e delle strutture del viso. Ovvero di molti degli organi coinvolti in malattie genetiche che associano disabilità mentale e/o autismo ad anomalie. E i difetti vengono amplificati via via che si va avanti nel differenziamento dei vari tessuti.
È la scoperta di un gruppo di ricercatori guidati da Giuseppe Testa dell’IRCCS Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con l’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, che potrebbero aver aperto la strada allo sviluppo di farmaci molecolari per trattare le malattie mentali legate allo sviluppo cerebrale.
Gli scienziati, che hanno pubblicato i risultati sulla rivista Nature Genetics, hanno indagato due malattie che sono causate proprio da alterazioni nel dosaggio dei geni, nello specifico dalla perdita o dalla duplicazione di 26 geni che si trovano sul cromosoma 7. Perdere una di queste copie determina la sindrome di Williams, patologia che determina una forma di ipersocialità a fronte di un ritardo mentale (che non coinvolge il linguaggio). Quando invece si tratta di duplicazione degli stessi geni, la disfunzione è legata all’autismo, i cui sintomi osservati sono praticamente opposti: gravi deficit nelle capacità linguistiche e socialità compromessa.
Esistono due alterazioni opposte del dosaggio genico, spiegano i ricercatori, alle quali corrispondono alterazioni a livello della socialità e del linguaggio. Uno in particolare tra questi 26 geni, chiamato GTF2I, svolge un ruolo importante perché è un fattore di trascrizione: regola cioè l’attività di molti altri geni, accendendoli o spegnendoli.
“Abbiamo scoperto che GTF2I non agisce da solo, ma in associazione con un importante enzima, LSD1, che è coinvolto anche in molti tipi di tumore e contro il quale si sono cominciati a sviluppare molti nuovi farmaci”, spiega Giuseppe Testa dello IEO. “Siamo riusciti a dimostrare che la somministrazione di farmaci contro LSD1 è in grado di ripristinare il corretto funzionamento di alcuni circuiti molecolari, anche in presenza di anomalo dosaggio di GTF2I, aprendo de facto la strada allo studio di come questi inibitori farmacologici possano essere un giorno impiegati anche nell’autismo e più in generale nelle malattie mentali del neurosviluppo”.
Sui neuroni riprogrammati da cellule staminali -provenienti dalla cute dei pazienti coinvolti nella ricerca- partirà ora uno screening farmacologico per identificare potenziali nuovi composti efficaci. Questo tipo di procedimento è attualmente molto diffuso in ambito biomedico: le cellule della cute di persone affette da malattie a base genetica (come SLA, diabete, Alzheimer) vengono riprogrammate in cellule staminali pluripotenti, dalle quali poi in vitro si possono derivare tutte le altre cellule del nostro corpo.
In questo modo è possibile studiare i meccanismi di malattie che ancora dobbiamo conoscere in profondità, testando nuovi farmaci su quei tessuti e cellule che finora erano pressoché inaccessibili per la sperimentazione (tra tutti, i neuroni). “Già dalle cellule staminali riprogrammate dei pazienti, prima ancora di averle differenziate, potremo già capire quali sono le alterazioni più importanti di molte malattie”, conclude Testa.
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Crediti immagine: MIKI Yoshihito, FLickr